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Viterbo - Famiglia di terremotati ospitata in un camper a Ronciglione - Il ricordo di mamma Luigina
"Quando la terra ha tremato, ho pensato solo alla piccola di tre mesi"
di Stefania Moretti
Viterbo - 17 aprile 2009 - ore 10,20

Luigina Santilli
Zia Fausta con la piccola Rita
Il camper che ospita la famiglia
- “All’improvviso ho sentito che si muoveva tutto. Sono uscita di corsa.

Abbiamo messo la bambina sotto al tavolo, nella culletta. Mia zia, frastornata, stentava a uscire da casa. Mio marito l’ha trascinata via e siamo scappati”.

Inizia così il racconto di una fuga da una città in pezzi.

E’ la fuga della signora Luigina Santilli, quarant’anni, scappata da Preturo, a dieci chilometri dall’Aquila, la notte del 6 aprile.

Dopo le prime scosse di terremoto ha lasciato la casa con il marito Ferdinando, la zia Fausta e la bimba Rita, di soli 3 mesi. Per poi dirigersi a Ronciglione, dove Luigina e la sua famiglia hanno trovato accoglienza.

“Noi non abitiamo a Preturo, ma all’Aquila, in via Strinella – continua -. A Preturo ci abita mia zia Fausta”.

Erano tutti in casa sua quando è iniziato l’incubo. E a zia Fausta, al pensiero di quella notte infernale, vengono subito gli occhi lucidi.

“Abbiamo sentito una prima scossa – racconta Luigina - non siamo saliti nelle camere da letto, al primo piano, ma siamo rimasti in cucina. In un primo momento siamo usciti, poi però faceva freddo e, anche per la bambina, siamo rientrati.

Nessun tg ne parlava e io mi ero tranquillizzata.

Pensavo fosse la solita scossa giornaliera. Poi, quando sono andata in bagno, ho sentito tremare tutto”.

Anche la voce di Luigina trema. Le parole sono rotte ogni tanto da qualche sospiro affannoso, o da piccole pause per prendere fiato.

E’ difficile ricordare quella notte.

Afferrare la piccola Rita, di appena tre mesi, e metterla al sicuro. Costringere zia Fausta, 69 anni, a lasciare la sua casa. Salire in macchina per andare via. Nel panico, al buio.

“Mentre io, Rita e la zia rimanevamo in auto ad aspettare – prosegue Luigina - mio marito è tornato in casa a prendere il latte per la bambina. Io non la posso allattare e Rita doveva mangiare.

E’ stata un’attesa infinita. Era buio. La luce andava e veniva.

I vetri della clinica, davanti a casa di mia zia, si sono spaccati. Avevamo paura per la bimba, che prendesse freddo. Ma anche per mio marito, in casa, mentre le scosse continuavano. Mi si è allargato il cuore quando l’ho visto ritornare”.

Una volta in macchina, tutti insieme, il primo pensiero va ai parenti. Telefonano ai familiari per sapere come stanno. Poi le loro strade si dividono. Ma solo per un qualche ora. Ferdinando si trattiene in Abruzzo per trovare una sistemazione ai genitori.

Mentre Luigina telefona a Marco Bondini, l’amico di Ronciglione.

“Sapevamo che aveva un camper e la mattina stessa lo abbiamo chiamato. Ci è venuto subito a prendere con i suoi familiari e il pomeriggio di lunedì eravamo qui. Ferdinando ci ha raggiunte in seguito”.

Non sono passati dall’Aquila. Non sanno in che condizioni è la loro casa. Luigina sa solo che si regge in piedi, ma chissà se è agibile. E lo stesso vale per la casa di zia Fausta, a Preturo.

Sono partiti da qui e si sono ritrovati a Ronciglione, a dormire per dieci giorni in un camper parcheggiato nel cortile accanto alla casa dei genitori di Marco. Che Luigina ringrazia dal profondo del cuore.

“La famiglia Bondini ci ha accolti nel miglior modo possibile. Sono stati impagabili. Ci hanno dato supporto morale e materiale. Ci hanno fatto sentire a casa. Tutti. Marco e i suoi genitori. Ma anche i ronciglionesi.

La pediatra Maria Allegrozzi, che ha visitato mia figlia. La Asl di Viterbo, che mi ha aiutata a procurarmi un medicinale molto costoso, che devo prendere regolarmente. Si sono mobilitati tutti per noi”.

E si vede. Casa Bondini è un viavai di persone. Il telefono e il campanello squillano in continuazione. Amici e vicini di casa passano a fare un saluto, a chiedere se c’è bisogno di qualcosa per Luigina o per Rita. Che intanto beve il latte dal biberon tra le braccia di zia Fausta.

“Sono contenta che non ricorderà questa esperienza – dice mamma Luigina – E’ troppo piccola. Ha compiuto tre mesi proprio qui, a Ronciglione, l’8 aprile. Lei cerca di crescere e noi cercheremo di andare avanti”.

Ma come?

“Mio marito è impiegato in Provincia e, essendo un dipendente pubblico, dovrebbe poter continuare il suo lavoro. La mia attività, invece, è ferma. Perché le aziende sono ferme”.

Luigina, infatti, oltre a insegnare tecnologie chimiche come supplente, è ingegnere. Si è sempre occupata di sicurezza nei posti di lavoro. E sa bene che le case non si costruiscono con superficialità. Perché costano care. E tra le mura di casa si dovrebbe poter vivere, non morire.

“Noi abruzzesi quelle case le abbiamo pagate profumatamente, facendo dei sacrifici, come tutte le persone che vivono di lavoro - dice Luigina, con la rabbia negli occhi - eppure si sono sbriciolati persino gli appartamenti in centro, quelli nuovi di zecca. Sono saltati i pilastri e le case si sono appiattite. Perché non sono state sottoposte ai dovuti controlli”.

Proprio mentre Luigina racconta, arrivano i cuscini offerti a lei e alla sua famiglia da una ditta ronciglionese. Uno dei tanti gesti di solidarietà di questi giorni.

“Abbiamo comprato un camper per noi, a Viterbo. E anche quello l’abbiamo pagato a un prezzo molto scontato, grazie alla gentilezza del rivenditore.

Per questo primo periodo resteremo lì.

Quanto al prossimo inverno… vedremo”.

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