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Viterbo - Sacrario dei caduti - La chiesa del Cinquecento abbandonata a sé stessa
La cupola di Santa Maria della peste come un campo di grano
Viterbo - 27 aprile 2009 - ore 2,30

Il tetto della chiesa di Santa Maria della Peste coperto di spighe
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- Come mandare in malora un patrimonio artistico secolare. I viterbesi stanno diventando degli specialisti in materia.

Dopo la fontana di Pio Fedi adattata a ripostiglio, stavolta è la chiesa di Santa Maria della Peste, dal 1936 dedicata a Sacrario dei Caduti, a venir abbandonata a sé stessa.

Chi passa dalle parti di piazza del Sacrario si sarà accorto che il tetto della chiesa assomiglia, in pratica, a un campo di grano.

I mattoncini della cupola sono completamente ricoperti di spighe, fili d'erba e fiorellini gialli. Che potranno anche essere carini da vedere.
Ma che, di certo, non dovrebbero crescere sul tetto di una chiesa del Cinquecento.

Se non altro, perché assorbono i sali minerali della malta con cui è stata costruita, contribuendo a deteriorarla.


Cenni di storia di Santa Maria della Peste - Dall'"Illustrissima città di Viterbo" di Mauro Galeotti

La chiesa di santa Maria della Peste è a sinistra di chi sale Via Cairoli.
Di pianta ottagonale, fu eretta sin dal Maggio del 1494 dai parrocchiani di san Luca e di san Faustino, grazie anche ad un sussidio del Comune.

Fu costruita dinanzi ad un’immagine dipinta sul muro che ivi esisteva, vicino alle vecchie fornaci e presso il Pontem Tremulum, il Ponte Tremoli.

La costruzione, terminata prima dell’Ottobre del 1499, fu un ringraziamento della popolazione salvata dalla peste che colpì Viterbo nel 1476.

Augusto Gargana in un articolo sul Giornale d’Italia del 22 Marzo 1936, ritiene che la costruzione della chiesa sia terminata tra il 1496 ed il 1497, ma certo non prima del 1495, perché sull’iscrizione esterna, che gira intorno alla chiesa, si legge un cinque, V, che suppone essere la terz’ultima o penultima lettera dell’anno di erezione.

Invece, Francesco Cristofori, che scrive sul suo giornale Viterbo del 15 Agosto 1905, afferma che la chiesa fu iniziata a costruire nel 1517 e fu terminata nel 1521.

Nel 1519 santa Maria della Peste fu unita da papa Leone X alla chiesa antistante di san Giovanni Battista degli Almadiani, e, nel 1636, ebbe inizio il culto di santa Maria Elisabetta per volere di Giovanni Battista Zazzera, nobile viterbese, il quale lasciò una somma in danaro per tale fine.

Ciò verificò la variazione del titolo della chiesa col nome della santa.

Lo stile del tempietto ricorda quello bramantesco, tanto che alcuni lo attribuiscono al Bramante stesso.

Tutto in peperino ha ornamenti di un certo interesse sugli stipiti della porta principale, sopra alla quale è scomparsa una epigrafe per le sfaldature della pietra.

La cupola, col tetto che «minaccia ruina et se casca vi anderà troppo gran spesa a rifarla», fu restaurata nel 1604 come ricordano, appunto, le Riforme, in data 19 Marzo di quell’anno. Il tetto fu rifatto nel 1637, è coperto di mattoni embricati in piano, questi assumono un disegno che desta una certa originalità.

Alla sommità una lanterna invia luce all’interno, dove si può ammirare il pavimento, alquanto danneggiato, in mattonelle di terracotta smaltata, con su disegni eseguiti alla fine del secolo XV dal viterbese Paolo di Niccola dietro finanziamento di Paolo Mazzatosta e Martino conciatore di grano.

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