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Soriano nel Cimino - La Lav risponde al sindaco Tarantino
"Lo sterminio dei randagi non è la soluzione"
Viterbo - 2 aprile 2009 - ore 16,30

Riceviamo e pubblichiamo
- Le dichiarazioni del primo cittadino di Soriano e dell’intero consiglio comunale hanno sollevato non poche perplessità e prese di distanza.

Incolpare i cani della crisi economica che pesa sulle famiglie o del fenomeno del randagismo è come individuare nel sacchetto di spazzatura le colpe di una cattiva o inefficace gestione dell’economia pubblica o del ciclo dei rifiuti. Si individua nell’anello finale della catena responsabilità che stanno, invece, a monte.

Il management dei rifiuti, così come la gestione dei budget pubblici, funzionano laddove ci sono cittadini che responsabilmente gestiscono il loro pattume e che fanno in modo che l’amministrazione locale faccia il suo dovere.

Lo stesso per il randagismo: il responsabile del problema è quel cittadino che lascia incustodito il proprio cane e libero di riprodursi, oppure lo abbandona dopo averlo tenuto con sé per un periodo come fosse un giocattolo. Corresponsabile, però, è l’amministrazione locale che o non ha mai evidenziato il problema oppure non ha mai attivato politiche complesse e adeguate per prevenirlo.

Come Lav nonostante le poche risorse umane, da circa cinque anni abbiamo attivato sul territorio interventi sulle amministrazioni locali affinchè questi piani programmatici che includano tutti i soggetti interessati al contenimento del fenomeno siano attivati.

Con alcuni comuni – Corchiano, Bassano Romano, Blera, Oriolo – e con la Provincia di Viterbo, con le Asl e con il volontariato locale, abbiamo attivato percorsi virtuosi che si fondano sulla collaborazione con i cittadini.

E’ evidente che questi interventi, squisitamente basati su un cambiamento culturale, non possono che prevedere risultati sul lungo periodo.

Si tratta, in ogni caso, di iniziare: attivare regolamenti a tutela degli animali facendo in modo che vengano osservati, promuovere costantemente campagne di sensibilizzazione e informazione verso la cittadinanza, appoggiare il volontariato, promuovere le adozioni e le sterilizzazioni (senza erogare denari che solleticano solo interessi speculativi) ed educare alla gestione corretta dei propri animali, sanzionare e punire laddove siano violate le norme esistenti in materia di tutela degli animali.

Lo sterminio dei randagi, che non sono randagi per scelta, non è la soluzione.

Per questo l’uccisione dei cani detenuti nei canili è stata vietata con l’entrata in vigore della Legge Quadro sul randagismo n.281/1991 redatta dopo lunghe analisi e sulla scorta delle, già allora, numerose e positive esperienze locali di collaborazione con i cittadini che dimostravano l’inutilità della soppressione come strumento di contenimento del randagismo.

Si passò allora a favorire l’attivazione di politiche amministrative che partissero dall’educazione dei cittadini alla responsabilizzazione verso i propri animali domestici. Prendere con sé un cane o un qualsiasi altro animale, infatti, non è un obbligo ed implica una grande assunzione di responsabilità verso l’animale fino alla sua morte.

Si proponevano, già allora, martellanti campagne di sensibilizzazione dei cittadini sull’importanza della sterilizzazione di cani e di gatti quale miglior forma di tutela degli stessi animali da maltrattamenti, uccisioni e come forma preventiva di nascite indesiderate destinate a concludersi in un canile.

In tal senso l’opera delle associazioni di cittadini sul tema è stata fondamentale.

La LQ 281/1991 portò il canile – sanitario pubblico o rifugio dei volontari - fuori dal ruolo di discarica o mattatoio di cani per diventare luogo di profilassi e detenzione temporanea, dove favorire le adozioni, responsabilizzare il territorio al problema, educare al rispetto delle altre forme di vita.

Addirittura oggi si ragiona in termini di parco canile, un passo ancora successivo nella valorizzazione del servizio pubblico, quale è quello della gestione del randagismo, attorno al quale si insediano anche attività di promozione di reinserimento sociale e imprenditoria solidale.

Insomma, nel lontano 1991 la società faceva un salto culturale riconoscendo dignità ad un animale che negli ultimi 15mila anni ha condotto con l’uomo un processo di co-evoluzione.

La 281/91 individuò, come ovvio che sia, le responsabilità del problema sui cittadini e sugli amministratori locali, indicando loro l’abc per attivare politiche di prevenzione del fenomeno.

Anzitutto obbligava e obbliga i comuni, singoli o consorziati, a costruire il canile comunale, con l’intento di contrastare gli interessi speculativi dei privati, e li impegna alla collaborazione con l’associazionismo volontario o con i cittadini che si occupano del fenomeno. Ma in questi 18 anni i finanziamenti stanziati ogni anno per la costruzione dei canili sono rimasti a languire nelle casse dello Stato.

Soriano nel Cimino è un piccolo paese che a fronte di 8mila abitanti umani mostra la presenza di ben 3 canili privati e che ha in carico ben 110 cani randagi. Un’evidente anomalia.

Dopo 18 anni dal varo della L.281/91 chiedere lo sterminio degli animali dopo che in buona parte d’Italia il fenomeno è sotto controllo da decenni passando da problema a risorsa non è accettabile, rivelando invece l’assenza di politiche di prevenzione.

La Lav si è già dichiarata disponibile a collaborare con il Sindaco Tarantino affinchè anche con il suo comune si possano attivare processi virtuosi per la gestione del problema.

Lo invitiamo ufficialmente alla presentazione del nuovo parco canile dei Comuni del Consorzio Ceramistico modenese che si terrà a fine aprile e che riassume in sé venti anni di lavoro culturale fatto sul territorio dagli enti locali e i cittadini.

Christiana Soccini
Responsabile territoriale Lav

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