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Viterbo - Il mio testamento biologico
Voglio essere abbattuto
di Carlo Galeotti
Viterbo - 11 febbraio 2009 - ore 0,15

- Voglio essere abbattuto. Sì, abbattuto. Se dovessi perdere la coscienza in modo irreversibile, lo dico pubblicamente, voglio essere abbattuto. Non voglio in particolare che nessuno, lo Stato soprattutto, si arroghi il diritto di nutrirmi con qualsiasi metodo per far vegetare il mio corpo. Nessuno deve tenere in vita il mio corpo privo di me stesso.

Ecco, l'ho detto. E l'ho detto pubblicamente.

Lo dico per una ragione egoistica: non sopporterei trattamenti umilianti e non sopporterei di vegetare privo di coscienza.

Non sopporterei di vegetare senza avere la possibilità di leggere Kant o l'Ecclesiaste, nelle traduzione di Ceronetti ovviamente. Non sopporterei di non poter godere della musica, della matematica, dei colori e dei profumi di questa terra. Ed avere su quell'insieme di cellule, che qualcuno continuerebbe a chiamare Carlo, le mani di altri.

Non sopporterei di continuare una parvenza di sopravvivenza biologica, senza poter amare e provare le passioni che fanno di un uomo un uomo. Senza poter ascoltare Benigni che recita Dante a piazza del Campo a Siena.

Ecco questo mi infastidirebbe molto.

Questa è una mia scelta di dignità personale. E allo stesso tempo rispettosa di qualsiasi altra scelta un individuo voglia fare. Scelta altrettanto degna. Questi sono i miei parametri che non vogliono in nessun caso mettere in discussione quelli degli altri. Ci mancherebbe.

Come non voglio che nessuno interferisca nella mia scelta, così rispetto quelle altrui.

Non voglio dire nulla sul caso di Eluana. Se non sottolineare che è l'occasione per me di dire pubblicamente che non voglio essere umiliato, se dovessi perdere irreversibilmente la mia coscienza. E non voglio essere tenuto in vita e sottoposto ad alimentazione forzata come un'oca da patè.

Una scelta basata sui miei valori che non chiedo sia condivisa o tantomeno imposta ad altri.

In uno stato di diritto, ogni uomo deve poter scegliere il suo stile di vita e di morte, entro i limiti della legge e nel rispetto degli altri. Questo pretendo da questo Stato: che rispetti le mie convinzioni profonde. E va sottolineato che nessuna legge degna di uno stato di diritto può prevaricare le convinzioni o l'algoritmi di comportamento di ciascuno che non ledano la libertà degli altri o danneggino gli altri.

Pretendo dallo Stato che rispetti la mia libertà. Anche perché in questo caso nessun danno viene per la comunità. E non ci sono scuse di sorta che possano portare a non rispettarla.

Diceva Pericle più o meno: Noi viviamo nella libertà, questo è il nostro stile di vita. E' la difesa di questo stile di vita che fa i nostri guerrieri forti in battaglia.

Dico queste cose pubblicamente, cose che spesso ho detto a mio figlio e ai miei amici, perché non si ripeta un caso Englaro. Affinché per quanto mi riguarda sia tutto cartesianamente chiaro.

A questo ci costringe questo paese. A fare pubbliche dichiarazioni per non essere violentati nelle proprie convinzioni.

Un'ultima cosa: un silenzioso abbraccio a Beppino Englaro. Un abbraccio anche se non mi conosce. Anche se non sa chi sono. Grazie.

Carlo Galeotti

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