:::::    
Logo TusciaWeb
Archivi | Mailing | Contatti | Primo | Provincia | Civitavecchia | Lazio | Sport | Flash | Forum |Dossier | TusciawebTV | Velina | Nonsololibri
     
   
Viterbo - Orte - La testimonianza di Terracina in preparazione del viaggio ad Auschwitz
“Da quel campo si usciva solo attraverso il fumo”
Viterbo - 16 febbraio 2009 - ore 15,30

- “Da quel campo di sterminio si usciva solo attraverso il fumo”. In preparazione del viaggio ad Auschwitz: oggi al cinema Alberini di Orte, l’incontro tra le classi terze, quarte e quinte degli istituti superiori locali e il presidente della Provincia Alessandro Mazzoli, l’assessore alla Pace Giuseppe Picchiarelli, l’assessore alla Pubblica istruzione della Regione Lazio Silvia Costa e Piero Terracina, deportato e sopravvissuto al campo di sterminio, che ha iniziato con queste parole il suo racconto.

L’iniziativa, organizzata dalla Provincia, ha coinvolto tantissimi studenti, in vista della visita ad Auschwitz in programma il 18, 19 e 20 marzo. E’ stato l’assessore Costa ad aprire gli interventi, sottolineando come tali atti di barbarie nascano soprattutto quando non ci si mette nei panni “dell’altro” e quando viene sospesa la coscienza morale personale. Da qui l’importanza di ricordare quanto accaduto con l’Olocausto, con la Regione Lazio impegnata attraverso “Il percorso dei Giusti”.

Quindi la parola al presidente Mazzoli. “Vogliamo portare i ragazzi in quei posti per restituire la parola ai fatti e ai luoghi in cui sono accaduti, dove si entra e si sta in silenzio. Perché è lì che si trova esattamente ciò che è stato e non si deve più ripetere: una fabbrica di distruzione dell’uomo che rappresenta la più grande tragedia dell’umanità. Quando ancora oggi c’è qualcuno che dice “le camere a gas servivano solo a disinfettare” significa che occorre tenere viva la memoria”.

Poi l’assessore Picchiarelli si è rivolto ai ragazzi in sala. “Io non ho avuto la fortuna di incontrare a scuola persone diverse per colore della pelle, religione, o provenienti da altri paesi. Voi avete quindi una straordinaria possibilità di confrontarvi con persone “altre da voi”, per un approfondimento e una crescita comune. Ricordo che ad Auschwitz è stata trovata una pietra con scritto “chi sa se mai qualcuno saprà cosa mi è accaduto qui”. Ecco, tutti noi dobbiamo dare voce a quella pietra”.

Ed ecco la storia di Terracini, raccontata in prima persona. Una storia iniziata con una famiglia di otto persone. Dai fatti di Auschwitz però è sopravvissuto solo lui. “Le leggi razziali in Italia nel ’38 – ha detto – sono state emanate nell’indifferenza di tutti. Da allora agli ebrei è stato impedito di andare a scuola con gli altri ragazzi italiani, dimenticando che gli ebrei in Italia c’erano da 22 secoli e che anche loro erano cittadini italiani. Non potevamo fare nulla: né il bagno al mare, né vendere carte da gioco, questo per far capire che ogni via ci era preclusa”.

All’età di 15 anni la deportazione. “Erano sette mesi che non accadeva nulla. Il 7 aprile del ’44 abbiamo quindi deciso di festeggiare la Pasqua ebraica. A un certo punto hanno suonato alla porta: erano due SS. Ad attenderci di sotto anche due fascisti: hanno detto che volevano sapere dove nascondevamo i nostri beni, perché sapevano come corrompere i nazisti. Non gli sono bastate 40.000 lire, sapevano comunque benissimo che andavamo a morire, che non saremmo mai tornati”.

Gli ebrei furono trovati grazie a un censimento voluto da Mussolini prima delle leggi razziali. “Arrestarono 1.023 persone: di quelle, da Auschwitz uscirono solo in 16. Mio padre si rese subito conto di quanto stava accadendo e ci disse una parola: perdono. Ho sempre avuto il sospetto che si riferisse al solo fatto di averci generati”.

Quindi i lunghissimi giorni di viaggio in treno in condizioni disumane, tra urina ed escrementi, fino all’arrivo al campo di sterminio. “Il massacro iniziò subito. Ricordo una notte, le urla delle SS al campo vicino al nostro, quello degli zingari. Erano gli unici ad avere ancora i capelli, l’unico dove c’erano ancora i bambini, l’unico dove si poteva perfino suonare. La mattina dopo, la curiosità di affacciarci per vedere cosa era successo. C’era solo il silenzio: i forni andavano alla massima potenza”.

Quindi un consiglio ai ragazzi. “Andare ad Auschwitz – ha concluso - non sarà una gita scolastica, ma un viaggio nella storia”.

Copyright 2009 TusciaWeb - Chi siamo - pi: 01829050564