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Viterbo - G.Battista Martinelli, segretario Spi Cgil: "Tocca alla politica rimediare al danno"
"La crisi economica di pari passo con quella morale"
Viterbo - 19 febbraio 2009 - ore 13,30

G. Battista Martinelli, segretario Spi Cgil
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Riceviamo e pubblichiamo - La dimensione e la forza di questa crisi inedita ridisegna non solo il quadro economico e sociale, ma insieme politica e cultura del tempo che viviamo e la sua dimensione etica.

Non vi è dubbio, infatti, che quanto accaduto trova origine anche in una profonda crisi morale nel rapporto tra impresa e cittadino. Perché è in quel perimetro che si è dato ideologicamente valore assoluto al denaro, esaltandolo da mezzo a fine e assumendolo come fattore pressoché unico nel ruolo di generatore di ricchezza.

Tutto ciò ha marginalizzato il lavoro, il valore sociale d’impresa, ha prodotto la svalutazione dei saperi, dei talenti e delle conoscenze.

D’altra parte, se oggi milioni di cittadini di tutto il mondo si misurano con il proprio impoverimento, sia del risparmio accumulato, sia della propria capacità d’investimento, finanche della propria pensione, non lo devono all’avverarsi delle paure del nostro tempo.

Non sono stati impoveriti da quelle orde di diseredati che premono ai nostri confini e alle nostre coscienze, né tanto meno da un proletariato velleitario e riottoso ad ogni disegno riformista.

Debbono il loro drastico impoverimento piuttosto ad amabili e colti banchieri, a splendidi e brillanti travet finanziari.

Il mondo deve la sua crisi a un sistema di speculazione che ha prodotto un crack stimato fra i 600 e 700 trilioni di dollari. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza una caduta etica e morale del sistema.

Perché il sistema era consapevole di ciò che si andava preparando, non fosse altro per gli allarmi arrivati in casi come la Enron, piuttosto che Cirio e Parmalat.

Non si è voluto vedere! Chi doveva controllare non ha controllato. Chi doveva regolare non ha regolato. In questo anche la politica ha le sue responsabilità.

La politica si è mostrata debole quando non accondiscendente. Come dimenticare il furore ideologico con cui la destra in tutto il mondo ha teorizzato e agito a sostegno di questo “disastro perfetto”. E come sottovalutare la fragilità con la quale il campo della sinistra ha assimilato parte di quelle tossine.

Oggi la politica, tutta, paga un prezzo grande perché deve fare i conti con i danni di tutto questo. Chiunque governi si misura con licenziamenti, contrazione dei consumi, riduzione del reddito e delle protezioni sociali.
Ci sarà un bel da fare, ma si deve ripartire da qui! Spetta alla politica rimediare al danno, ma deve anche impedire che quanto avvenuto possa ripetersi.

Vengono quindi naturali due domande. Si può fare tutto ciò senza una migliore relazione fra etica e politica? Vi sono le condizioni perché questo possa avvenire in Italia, dove la questione morale è da sempre un nodo irrisolto?

Questi sono i quesiti che devono porsi tutte le classi dirigenti.

E’ da quando Berlinguer (1981) pose al Paese la questione morale che si è più volte affrontato il tema con scarso successo.

Purtroppo non è bastata la forza di quel pensiero, e non è riuscita neppure la lunga stagione d’intervento e di denuncia della magistratura.

Eppure proprio per la gravità di ciò che è accaduto, per la forza d’impatto sulle condizioni di vita di tante persone illuse dalla magia del mercato senza regole, dei facili guadagni, o disilluse dalle sconfitte politiche e dai tempi infiniti delle azioni giudiziarie, che oggi si svelano opportunità inedite per cambiare.

Si apre una fase nuova nella quale l’idea che la morale possa rappresentare un fatto intrinseco alla politica, un presupposto che viene prima della politica stessa e non un suo valore aggiunto, non appare più un discorso da anime belle, ma una questione centrale per affrontare la crisi e la globalizzazione e ridare fiducia alle persone.

Per tutto ciò ritrova attualità la questione morale. Per questo non solo si può, ma si deve affrontarla.

Dice un filosofo, “L’etica è la condizione della politica, perché in essa vi è il senso del bene comune, il suo motore ideale. Togliete alla politica la sua tensione morale, che cosa rimane? Ben poco. Tutt’al più una tecnica per regolare i conflitti. Non certo una prassi il cui principio regolatore sia la giustizia sociale, la promozione dell’uomo, la creazione di opportunità senza discriminazioni...”.

L’augurio è che si apra una stagione etica e politica che sappia restituire al lavoro il prestigio sociale e l’importanza che ha nella vita delle persone.

Dove ci ha portato la caduta morale, fondata su speculazione e rendita, è sotto gli occhi di tutti.

Vediamo se insieme saremo capaci di venirne fuori non c’è un istante da perdere.

G.Battista Martinelli

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