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Viterbo - Contratto nazionale - Le critiche di Rdb
Lavoratori pubblici e privati uniti per la difesa dei diritti
Viterbo - 23 febbraio 2009 - ore 16,30

Riceviamo e pubblichiamo - L’attacco alla pubblica Amministrazione e la demolizione del Contratto nazionale di lavoro sono parte integrante di un nefasto progetto.

Il pubblico impiego ha rappresentato da sempre il punto di riferimento per quanto riguarda i diritti del lavoro ed il modello trainante per tutto il mondo del lavoro dipendente sia pubblico che privato.

Il governo oggi, strumentalmente, vuol far passare per “privilegi“ il diritto al lavoro stabile, il diritto alla salute, il diritto ad un salario dignitoso. Se anche questi principi, sanciti peraltro dalla nostra costituzione, verranno cancellati anche nel pubblico impiego (in parte già sta accadendo) non esisterà più un modello a cui ispirarsi e il mondo del lavoro dipendente non avrà più alcuna regola ma sarà soltanto una giungla di ricatti.

I privilegi, a nostro parere, sono altrove; sono negli stipendi d’oro dei manager e negli ingenti patrimoni degli industriali, degli imprenditori e dei banchieri. Una crisi singolare la nostra, in cui le condizioni degli operai e dei dipendenti peggiorano sino a scendere sotto la soglia dell’umana dignità e, di contro, i ricchi diventano sempre più ricchi. Viene da chiedersi come è possibile; una economia che non cresce dovrebbe penalizzare tutti, perchè non è così?

Il costo del lavoro nelle fabbriche si è dimezzato grazie al ricatto del precariato e all’altissima percentuale di lavoro sommerso incentivata da una politica che ha distrutto i controlli.

I profitti delle imprese nel frattempo sono cresciuti con le speculazioni del passaggio dalla lira all’euro, con gli sgravi fiscali e contributivi di cui hanno sempre beneficiato, si veda da ultimo la detassazione degli straordinari che con la complicità dei sindacati confederali, di fatto obbliga gli operai a lavorare per due turni consecutivi, cioè 16 ore di fila compresa la notte per un salario che garantisca la sopravvivenza.

I profitti di questa nefasta gestione sono stati investiti in speculazioni finanziarie a fronte di salari ancora bloccati all’epoca della lira.

Oggi le aziende chiedono la cassa integrazione e la mobilità per i dipendenti ma, ben felici che esistano gli ammortizzatori sociali, ci sorge una domanda: perché la crisi la pagano i lavoratori e la fiscalità generale mentre i profitti, quando le cose vanno meglio, rimangono nelle tasche degli imprenditori?

In questo contesto i sindacati confederali si dimostrano sempre più vicine agli interessi dei potenti anziché rappresentare gli interessi dei lavoratori; prova ne è la riforma degli assetti contrattuali sottoscritta lo scorso 22 gennaio da Cisl, Uil e Ugl, un’arma potente in mano ai datori di lavoro, con la quale di fatto si smantellano le garanzie minime stabilite dai contratti nazionali.

La guerra tra poveri scatenata dal governo complice di confindustria, sta cercando di mettere l’uno contro l’altro i lavoratori: Non bisogna cadere in questa trappola, definendo privilegiato chi ha un contratto a tempo indeterminato, occorre invece essere uniti, dipendenti pubblici e privati, precari e disoccupati, per far in modo che tutti abbiano un lavoro stabile, dignitoso, privo di ricatti, per non pagare l’ennesima crisi frutto di allegri anni di speculazioni ma soprattutto per ristabilire regole certe che possano garantire a tutti quei diritti inviolabili che rendono un paese civile.

Paola Celletti –Lino Rocchi
RdB federazione Viterbo

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