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Santa Rosa - Intervista all'ideatore Arturo Vittori dagli Stati Uniti
Sarà una macchina interattiva, gli applausi la renderanno più luminosa
di Giuseppe Ferlicca
Viterbo - 4 febbraio 2009 - ore 3,10

Arturo Vittori
FioredelCielo
- E’ cittadino del mondo per via del lavoro, ma le sue radici sono viterbesi e la sua base resta Bomarzo.

Arturo Vittori, architetto 37 anni, al suo già nutrito curriculum adesso aggiunge un altro punto. Forse il più emozionante. Il tre settembre sarà la sua Macchina a sfilare per le vie di Viterbo, se tutto filerà liscio.

Fiore del cielo ha vinto il concorso d’idee indetto dal Comune, arrivando prima su 67 progetti.

Vittori in questo periodo è Chicago.

“Sono stato invitato a insegnare architettura – spiega – all’Illinois Institute of Tecnology per un semestre. L’11 marzo, s’inaugura all’Istituto Italiano di Cultura di Chicago una mostra itinerante dedicata al lavoro dello studio di cui sono cofondatore, Architecture and Vision. Comunque, anche se viaggio molto, la mia “base è Bomarzo”".

Come mai l’idea di disegnare una Macchina di Santa Rosa?
“Essere nati a Viterbo significa che la festa di Santa Rosa è impressa nel tuo immaginario fin da quando sei piccolo. Così è stato per me.

Come viterbese ho sempre sentito un forte desiderio di partecipare all’evento e quest’anno ho visto nel concorso l’opportunità per una più ravvicinata e coinvolgente partecipazione”.

Per FioredelCielo a cosa si è ispirato?
“Le fonti di ispirazione sono state molte, ma la principale viene dalla storia stessa di Santa Rosa, dalla sua vita e dal suo operato: è una storia che si è tramandata ricca di spunti – il fuoco da cui si è salvata, la rosa cresciuta nel luogo della sua sepoltura...

Una storia affascinate, adatta per essere tradotta nella narrazione scenografica della macchina".

Vedendo le foto, qualcuno sostiene che la sua Macchina somigli ad Armonia Celeste di Joppolo che fu trasportata fino al 1990. Che ne pensa?
“FioredelCielo s’ispira a tutte le macchine precedenti che hanno lasciato il loro segno indelebile nell’immaginario collettivo proprio perché ci siamo mossi in linea con la tradizione per realizzare un progetto che, pur radicato nel passato, si fa espressione delle aspettative contemporanee”.

Cosa la lega alla tradizione del tre settembre?
“Quando ero bambino ho immaginato la macchina prima ancora d’averla vista. Mi ricorderò sempre quando mio padre mi ci ha portato per la prima volta. Ero piccolo e ne avevo sentito parlare così tanto che cominciavo già a fantasticare.

Ricordo d’averla vista arrivare da piazza del Teatro; ero in mezzo alla gente, una folla che m’incuteva timore e nello stesso tempo mi comunicava un grande entusiasmo.

Quando la Macchina è arrivata, non riuscivo a vedere nulla, piccolo com’ero.

Allora mio padre mi ha preso sulle spalle. Lì mi sono sentito sicuro e ho partecipato pienamente a questo straordinario evento per il quale provo ogni anno lo stesso entusiasmo di allora.

L’immagine che più mi è rimasta impressa è sicuramente quella dei Facchini, i loro colori, la loro forza, il loro coraggio".

Qual è stato l'ultimo trasporto cui ha assistito?
“Lo scorso tre settembre. Anche se sono spesso all’estero credo di essere stato presente ogni anno, dopo quella prima volta da bambino”.

Di Ali di Luce cosa ne pensa?
“Mi è piaciuta fin dalla priva volta. Ho vissuto con grande partecipazione questo progetto, perché, conoscendo Raffaele, mi sono sentito coinvolto.

Ali di Luce mi ha emozionato moltissimo, soprattutto in questa ultima edizione”.

FioredelCielo prosegue lungo la strada di una Macchina non più statica, strada aperta da Raffaele Ascenzi. Ali di Luce si apriva, la sua presenta novità interessanti. Si parla di petali durante il percorso. Puoi darci qualche dettaglio in più?
“FioredelCielo “racconta” con un linguaggio contemporaneo una storia antica, che ci tramandiamo da tanti secoli. Una tradizione per essere mantenuta viva, infatti, deve essere attualizzata e adattata alle esigenze delle nuove generazioni.

La tecnologia adottata non è fine a se stessa, ma si mette al servizio del messaggio di cui la macchina è portatrice.

Le luci e i petali, in questo senso, rappresentano una forma di comunicazione e di scambio “attivo”, sono il modo in cui la macchina, e Santa Rosa, comunica con la folla riunita”.

La commissione ha premiato il suo progetto anche per la luminosità della Macchina. Sono previsti accorgimenti particolari?
“Sì, il progetto prevede particolari effetti di luci e d’interattività per coinvolgere i partecipanti come l’intensità della luce dei globi che aumenta col crescere delle grida e degli applausi dei partecipanti”.

Siamo abituati a vedere Macchine "monocolore", qui almeno dalle foto, risalta in alcuni punti, il rosso. Altro elemento di novità.
“Anche il colore è uno degli elementi d’innovazione che abbiamo voluto introdurre”.

Che ne pensano in famiglia della sua Macchina?
“Sono tutti molto contenti; anche i miei genitori avevano visto il progetto lo scorso ottobre. Per loro era il progetto vincente, ma non avevano ancora visto gli altri lavori. La scelta della commissione ha dato loro ragione!

Ma i sostenitori “numero uno” sono stati i miei nipoti che hanno trovato il progetto entusiasmante fin da subito, sono rimasti molto colpiti e attratti da questa macchina fatta di fiori e luci: i loro commenti rappresentano per me la soddisfazione più bella.

Mia sorella è entusiasta perché ha provato di nuovo l’emozione che ha vissuto qualche anno fa quando ha vinto il progetto del cognato architetto Cesarini”.

Quando torna in Italia?
“Penso che tornerò molto presto. Adesso ho un altro buon motivo per tornare il prossimo tre settembre”.

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