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Viterbo - Codici e cooperativa "Il ventilabro" - Le testimonianze dei soldati reclusi - 3mila 300 i prigionieri
Scoperti documenti sul lager di Vetralla
Viterbo - 2 gennaio 2009 - ore 19,30

Il campo di concentramento di Vetralla
- “Una scoperta sensazionale che getta nuova luce sulla storia di Vetralla e del Lazio”.

Con queste parole il Centro diritti per i cittadini (Codici) ha definito il ritrovamento, nell'Archivio di Stato, di documenti riguardanti il campo di concentramento di Vetralla.

Nel lager erano rinchiusi soldati per lo più inglesi, fatti prigionieri dal governo Mussolini nel secondo conflitto mondiale.

Primo nel Lazio e terzo in Italia per numero di reclusi, arrivò a contenere 3mila e 300 prigionieri di guerra, la cui permanenza nel lager è testimoniata nei documenti ritrovati.

Eppure la sua esistenza è a malapena segnalata dagli studiosi dell'Italia fascista.

A fare la straordinaria scoperta, Daniele Camilli e Roberta de Vito, in rappresentanza della cooperativa “Il ventilabro” e della delegazione vetrallese del Codici.

“Un prigioniero britannico, il 5 ottobre del 1942, rubò una bicicletta nel campo di Vetralla – spiega il comunicato di Codici -. L'uomo, indossando i panni di un contadino, si recò dal ministro inglese presso la Santa Sede per chiedere assistenza.

Quest'ultimo pose invece il caso alle autorità vaticane che, a loro volta, informarono quelle italiane, alle quali venne riconsegnato tra l'11 e il 12 ottobre. 

I lavori del campo, eseguiti dal Genio militare per rinchiudere circa 4mila internati - continua il comunicato - iniziarono nell'aprile del '42, per essere poi completati il primo luglio, aprendo le porte della prigionia a 250 anglosassoni ai quali si aggiunsero, nel novembre successivo, altri 1656 detenuti.

Quando il campo di concentramento vetrallese entrò in funzione, in Italia i luoghi di detenzione per prigionieri di guerra erano in tutto 45: tre in Piemonte, tre in Toscana, nove in Lombardia, quattro in Campania, quattro nel Lazio (di cui uno in provincia di Viterbo, quello appunto di Vetralla, e tre in provincia di Roma), due in Liguria, tre in Friuli, quattro in Puglia, uno nelle Marche, quattro in Abruzzo, uno in Istria, uno in Sicilia, due in Valle d'Aosta, uno in Sardegna, uno in Trentino e due in Umbria. Il tutto per un totale di 143mila 150 detenuti.

Per timore di un'invasione del territorio nazionale – prosegue il comunicato - il campo venne chiuso definitivamente il 3 gennaio del 1943, essendo stato soppresso il 22 dicembre 1942 e destinato ad altra utilizzazione.

Il ministro degli Interni del governo Mussolini, come si legge in uno dei documenti ritrovati, dispose l'allontanamento di tutti gli internati della provincia di Viterbo il 25 gennaio del '43, rinunciando anche a utilizzare come campo di concentramento per civili il Castello di Bolsena.

Sempre nello stesso documento, datato primo febbraio, si legge che ad Acquapendente erano in corso i lavori per la costruzione di un nuovo luogo di prigionia per detenuti di guerra dove potrebbero essere stati trasferiti quelli già presenti a Vetralla.

Secondo testimonianze orali - conclude il comunicato - gli edifici del campo vennero utilizzati dagli sfollati come ricovero subito dopo la ritirata dei nazisti per essere poi, in alcuni casi, smantellati dagli abitanti del luogo per poterne utilizzare il materiale nella costruzione di nuove abitazioni”.

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