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Viterbo - Punto di fuga di Stefano Vignati
Concerto di Capodanno, perché qualcuno si straccia le vesti?
di Stefano Vignati
Viterbo - 6 gennaio 2009 - ore 5,15

Il maestro d'orchestra Vignati
- Volendo aprire una parentesi, ma non più di quella, visto che è assolutamente lungi da me l’inclinazione alla polemica, mi sembra doverosa qualche piccola puntualizzazione sul Concerto di Capodanno.

Musica per me è soprattutto Cultura. La Musica, quella seria per chi ne ha fatto il fulcro della sua vita non è uno svago, men che meno è diversivo, mai è politica.

Se ascolto la Musica non è mai in sottofondo e se vado ad un Concerto non è per passare due ore.

Forse per questo, quando sono stato chiamato a dirigere il Concerto di Capodanno la prima cosa che mi è venuta in mente è stata quella di trasformare due ore di “svago” in un’occasione in cui, oltre alla leggerezza dei consueti Valzer viennesi, il pubblico potesse assaggiare un pizzico di Cultura in più, magari attraverso un percorso tracciato da brani di letteratura.

Ma veniamo all’accaduto. Il rifiuto di eseguire la Marcia Radetzky non è stato un rifiuto alla musica di Strauss, o all’Austria che un tempo fu nostra nemica, tanto è vero che nel programma c’erano comunque brani di Strass e Mozart.

Inutile quindi stracciarsi le vesti come Caifa nel Sinedrio (fa troppo freddo ora) e lasciarsi andare a interiezioni assolutamente ingiustificate in quanto chi vi parla vive per la Cultura. Tutta. Senza nessuna distinzione di credo, di nascita, o di colore politico.

Era semplicemente, la mia, la constatazione che essendo quel brano in particolare stato composto per essere la colonna sonora di una delle pagine più tragiche del nostro Risorgimento, forse non era il caso di batterci sopra le mani, felici.

Poiché il pubblico poi, massacrato da continui spot televisivi natalizi, che propinano la famosa marcia come simbolo del Capodanno stesso e da decenni di Concerti trasmessi da Vienna e conclusi sempre allo stesso modo, è comunque predisposto ad un’inconscia e costante attesa del brano in questione, questo a mio avviso non ci consentiva di glissare senza dir nulla e poteva essere l’ occasione di fare un po’ di chiarezza e di portare a conoscenza, chi non lo fosse, di quanto già illustrato in merito.

E a giudicare dagli applausi sembra che il messaggio sia arrivato, almeno per la maggior parte degli spettatori, in maniera corretta, o quanto meno secondo quanto avevamo inteso comunicare.

E per quanto riguarda quella che qualcuno ha definito “pantomima” a cui mi sarei prestato, personalmente non lo ritengo offensivo in quanto il vocabolario della lingua italiana definisce questo termine nel seguente modo:
1. Rappresentazione scenica muta, affidata esclusivamente all'azione gestuale, talvolta accompagnata da musica o da voci fuori campo[…]
2. estens. Azione gestuale finalizzata alla comunicazione […]
3. fig. Messinscena per commuovere o ingannare qlcu.:

Ora non volendo certamente ingannare nessuno, mi sembra che l’intento di attaccare la Musica e di interromperla inaspettatamente volesse essere un modo di amplificare e di convogliare l’attenzione del pubblico sui contenuti assai seri del racconto storiografico. Comunicazione quindi.

Personalmente sento molto il senso di italianità e di unità e sento altrettanto forte il senso di europeismo e penso che la compilazione dei miei programmi artistici assolutamente eterogenei riguardo la scelta degli autori, sia per indicazione geografica che cronologica, lo dimostrino.

Ora veniamo ai testi: se si volesse dire che con l’inserimento di Stefano Benni e Trilussa si sia leggermente spostato il braccio della bilancia verso una letteratura popolare e non troppo sofisticata, potrei anche essere d’accordo, ma definire “popolar-volgari” le letture di Eco, La Fontaine, e Shakespeare, mi sembra decisamente un po’ eccessivo.

Se poi si intendevano volgari gli altri interventi, un po’ scherzosi sulla Vedova Allegra (che, si badi bene, è un operetta, assolutamente scherzosa e piena di ironia e di doppi sensi, non una Messa di Bach), posso sempre dire che l’allusione ai genitali, non era nelle intenzioni del testo che citava letteralmente: “gesti poco eleganti di normalissima scaramanzia”. Come fare le corna per esempio.

Ed è proprio questo vedete il punto. In questo caso è la lettura delle cose, non le cose stesse, a rappresentare una strumentalizzazione.

Se io non avessi inserito la Marcia Radetzky, poiché decidere cosa suonare era nelle mie facoltà, e avessi poi risposto, a chi me ne avesse chiesto spiegazioni, semplicemente “perché non mi piace” non ci sarebbe stato nessun problema. Perché di politico, o di strumentale in questo non c’è nulla.

Come a mio modesto parere non c’è nulla di politico o di strumentale nel parlare di Risorgimento o di Unità d’Italia. Perché quando si suona l’ Inno di Mameli l’alzarsi in piedi non dovrebbe dipendere da null’altro se non dal fatto di essere Italiani.

Ringrazio comunque tutti per gli elogi ricevuti, soprattutto per quelli al Musicista, e sono comunque contento che il Concerto di Capodanno abbia in qualche modo destato gli animi.

Perché la Cultura dovrebbe avere proprio la missione di suscitare l’espressione dei propri pareri e la condivisione dei propri stati d’animo. Dovrebbe essere il campo su cui confrontarsi e nel quale crescere, o meglio accrescere la propria Anima.

Spesso però il parere si trasforma in accusa, il dibattito in un soliloquio del critico di turno, novanta minuti di Musica sublime in “preludio” alla Marcia Radetzky ed il Barbiere di Siviglia in un paio di mutande. Che bello! Siamo Italiani, anche in questo.

Un’ultima nota, in tema di ossimori: da un punto di vista della sintassi nel nostro caso avrei evitato di usare il termine “strumentalizzazione”.

Lo so che oggi è all’ ordine del giorno e si applica praticamente a tutto, ma… applicato alla musica…

Resterebbe solo il canto, o magari il tanto amato… battito delle mani!

Stefano Vignati

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