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Viterbo - Manifestazione del 20 giugno, che si concluderà con il lancio dei paracadutisti
Da El Alamein a Cima Vallona, uniti per i caduti
Viterbo - 17 giugno 2009 - ore 15,30

- Una giornata di celebrazione, uniti nel forte sentimento di riconoscenza per coloro che sacrificarono la loro vita per la patria.

E' questo lo spirito con cui l'assessore Giovanni Bartoletti, in collaborazione con l'associazione nazionale Paracadutisti d'Italia e l'associazione nazionale Incursori Esercito, ha organizzato la manifestazione del prossimo 20 giugno.

Si inizia alle ore 10, allo slargo davanti alla stazione di servizio Pesci, all'intersezione con la strada che conduce al tribunale: lo spazio sarà infatti intitolato a Mario Di Lecce, sottotenente paracadutista caduto nel '67 nell'attentato del Bas, organizzazione terroristica armata di separatisti sud tirolesi, a Cima Vallona di San Nicolò Comelico in provincia di Belluno.

Dopo la cerimonia, alle 11 alla sala regia del palazzo dei Priori si terrà un convegno su El Alamein e sui fatti di Cima Vallona: relatori, il generale Enrico Persi Paoli, già comandante del IX reggimento incursori paracadutisti "Col Moschin" e Aldo Falciglia, direttore della rivista Folgore e consigliere nazionale AnpI.

Filmati e slides saranno proiettati durante l'incontro.

E l'evento prosegue nel pomeriggio, quando alle 15,30, si procederà all'intitolazione di via El Alamein e piazza Divisione Folgore, (rispettivamente la strada di collegamento da piazza Martiri d'Ungheria a Valle Faul e lo spazio della valle stessa).

Proprio a Valle Faul, dalle 16,30, tutti con il naso all'insù, per godere dello spettacolo del lancio dei paracadutisti, evento unico e speciale: infatti, raramente vengono effettuati lanci militari in un contesto civile. La cittadinanza è invitata a pertecipare alla giornata–evento.


La Folgore nella battaglia di El Alamein

A partire dal 23 ottobre 1942, a El Alamein, un centinaio di chilometri a ovest del Nilo, è stata combattuta la più grande battaglia in terra d’Africa della seconda guerra mondiale.

Il fronte, su terreno completamente desertico, era compreso, da nord a sud, fra la costa del Mediterraneo e il ciglio della Grande Depressione di El Qattara; Su questa linea era schierata a difesa l’Armata italo-tedesca di cui faceva parte la Divisione Paracadutisti Folgore.

All’inizio della battaglia la Folgore presidiava circa un quarto dello schieramento, quello più a sud. I paracadutisti in linea, su di un fronte di oltre 15 chilometri, erano circa 3000 con 80 cannoni prestati da altre Unità, poche decine di controcarro da 47/32, pochissimi autoveicoli, proiettili contati.

Di fronte alla Folgore, incaricato dell’assalto a sud, stava il 13esimo Corpo d’Armata britannico, articolato su 4 divisioni, con più di 50.000 uomini, 400 cannoni, 350 carri armati, 250 blindati, munizioni praticamente illimitate, migliaia di automezzi.

A ulteriore vantaggio il totale dominio dell’aria e, cosa non meno importante, il terreno, favorevole all’impiego in massa dei corazzati, senz’altri ostacoli che le mine. Oltre a questo, quasi tutti i paracadutisti erano affetti da dissenteria e seriamente indeboliti da tre mesi trascorsi in condizioni di vita inusualmente aspre. Tutti comunque erano pronti a sostenere l’urto, quale che fosse, ben decisi a opporsi con ogni mezzo allo strapotere avversario.

L’offensiva britannica, largamente prevista, ebbe inizio alle 21,40 del 23 ottobre con un formidabile tiro di artiglieria. Allungatosi il tiro, intere brigate corazzate e di fanteria mossero all’attacco della Folgore investendo, sul centro della linea di sicurezza, le compagnie 6° e 19°.

La lotta si accese subito, furibonda. I paracadutisti si accanirono principalmente sulla fanteria in modo da dissociarla dai carri e, combatendo selvaggiamente, vi riuscirono quasi dovunque. Durante la notte, ebbe inizio l’azione di contrassalto ai mezzi corazzati, con bombe e con ordigni improvvisati lanciati a mano. All’alba. Il potente assalto contro il centro della Folgore aveva subito un primo, decisivo colpo d’arresto. Di fronte a non più di 350 paracadutisti, intere brigate avevano dovuto segnare il passo.

Nella stessa notte un altro violento attacco, affidato a due battaglioni francesi della Legione Straniera (circa 2000 uomini) sostenuti da una colonna di carri e blindati, fu sferrato contro l’estrema ala destra della Folgore a Naqb Rala. Erano circa 100 paracadutisti che, su terreno aperto, affrontavano avversari venti volte superiori. Suddividendosi in piccoli nuclei, i difensori riuscirono a contenere l’impeto degli antagonisti e a farli indietreggiare costringendoli infine, dopo tre ore di cruenti scontri, a battere in affannosa ritirata.

Risoluto a ottenere uno sfondamento decisivo, nella tarda serata del 24 ottobre l’avversario tornò all’attacco lanciando imponenti forze contro il centro della linea di resistenza presidiato dalle compagnie 20° e 21°.

Benché opposti a grandi masse di fanti i paracadutisti riuscirono a contenere in ristretto spazio la testa di ponte creata dagli avversari. Quanto ai corazzati, fu loro impedito di esser d’aiuto alla fanteria: presi sotto tiro alle minime distanze da controcarro e mortai, soprattutto da due obici da 100, subirono gravi perdite, 84 carri armati sicuramente distrutti. Meno di 300 paracadutisti erano bastati a infrangere il grande attacco alla linea di resistenza.

Falliti i precedenti tentativi l’avversario insistette organizzando potenti colpi di maglio contro il saliente di Munassib, presidiato dal 4° battaglione. Nel pomeriggio del giorno 25 mossero all’attacco due reggimenti corazzati, per un totale di circa 90 carri, che operando in piena vista vennero  falcidiati in breve tempo (22 carri distrutti). Ma l’assalto più violento si scatenò la sera, sulla 11° compagnia i fanti, appoggiati da corazzati e blindati, dilagarono fra le piccole e distanziate postazioni dei paracadutisti, sommergendole. Si accese una lotta senza quartiere che proseguì per tutta la notte. “Alle intimazioni di resa – dice il paracadutista Tonino Marinoni – rispondevamo gridando Folgore! e sparando”. Nell’impari lotta la compagnia fu distrutta e i superstiti, 13 in tutto, ritirati dalla fornace. 

Al prezzo di un terzo dei suoi effettivi l’esile linea della Folgore, per quattro giorni, resse all’urto di buona parte di un intero Corpo d’Armata infliggendo all’avversario perdite valutabili in circa 2500 uomini, quasi 150 carri armati e altrettanti blindati. I paracadutisti avevano tenuto fede a sé stessi. Il nemico dovette ritirarsi e proseguire i suoi attacchi a Nord dove, alla fine, ebbe successo.

Oggi, a quasi settant’anni, da quegli eventi, gli invitti sopravvissuti ricordano e tacciono. Custodiscono nel cuore l’immagine di quel pezzetto d’Italia, il loro, che tutti insieme costruirono nel deserto egiziano: una comunità dove i pezzi grossi erano primi nell’affrontare rischi e assumersi responsabilità, dove la solidarietà reciproca non aveva confini.
Perché questo fu per loro la Folgore: una piccola, meravigliosa patria per la quale valeva davvero la pena di vivere e di morire.

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