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L'opinione di uno sporco comunista
Il sultanato
di Valerio De Nardo
Viterbo - 22 giugno 2009 - ore 3,30

Valerio De Nardo
- "Le cose che mi spaventano sono ormai parecchie; ma il livello di soggezione e di degrado intellettuale manifestato da una maggioranza dei nostri "onorevoli" mi spaventa più di tutto.

Altro che bipartitismo compiuto! Qui siamo al sultanato, alla peggiore delle corti". Quando Giovanni Sartori ha intitolato il suo ultimo libro “Il Sultanato”, pochi mesi fa, si riferiva agli aspetti politici della vicenda del nostro paese.

Ma oggi, alla luce di quello che sta emergendo alla discussione pubblica, “il sultanato” appare in un significato di costume più ampio, che dovrebbe interrogare un po’ tutti.

Il 12 maggio 2007 veniva celebrato il “Family Day”, con centinaia di migliaia di persone, che affollarono le strade di Roma sostenendo che “solo nella famiglia fondata sull’unione stabile di un uomo e una donna, e aperta a un’ordinata generazione naturale, i figli nascono e crescono in una comunità d’amore e di vita, dalla quale possono attendersi un’educazione civile, morale e religiosa”.

Ricordo il sostegno di Silvio Berlusconi alla manifestazione e ai suoi contenuti e mi chiedo: si pone o no un problema di coerenza? Io credo di sì, ritengo che si ponga per il presidente del Consiglio, ma più ancora si pone per chi quella manifestazione promosse. Che cosa pensa oggi la sottosegretaria Roccella?

Persino Giuliano Ferrara dice che non possiamo ritrovarci in un 24 luglio (vigilia della destituzione di Mussolini) permanente e io sono assolutamente d’accordo. Perché mentre noi siamo costretti ad occuparci del destino di una persona, che condiziona la vicenda politica della nostra penisola, nel mondo più di un miliardo di persone è alle prese con il problema della sopravvivenza.

La Fao, l’organismo Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, prevede infatti che nel 2009, per la prima volta nella storia, un sesto della popolazione mondiale soffrirà la fame. Intanto la crisi finanziaria ed economica sta scaricando i propri effetti sui posti di lavoro, devastando esistenze individuali e intere comunità.

I teatri di guerra sono sparsi un po’ su tutto il pianeta, ma è incandescente l’area centro-orientale, a cavallo tra Asia ed Europa, crocevia del futuro energetico del pianeta.

Proprio lì, per le strade di Teheran, Neda, una ragazza, ha perso la vita battendosi per la libertà e internet ha consentito a tutti di vederla morire. Intanto qui da noi si discute di ragazze destinate a vagare per feste tra villa Certosa e palazzo Grazioli e dei regali dell’“utilizzatore finale”.

E’ la solita Italietta, coi soliti signorotti, che pensano al proprio ombelico come centro del mondo. Non nascondo di provare un certo senso di vergogna.

Valerio De Nardo

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