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Viterbo - Caffeina - Mercoledì 1 luglio alle 21,30 in piazza San Pellegrino
Gaetano Savatteri presenta “I ragazzi di Regalpetra”
Viterbo - 30 giugno 2009 - ore 16,30

- Dal lunedì alla domenica. E poi di nuovo dalla domenica al lunedì. Ma mai, per nessuna ragione, mai uccidere di venerdì.

E’ questa la prima regola di una squadretta di assassini di Cosa Nostra, noti come i ragazzi di Regalpetra. Sono loro a dire il titolo al libro di Gaetano Savatteri, che l’autore stesso presenterà domani sera alle 21,30 in piazza San Pellegrino, durante la seconda serata di Caffeina.

Anche lui ragazzo di Regalpetra, che ha ascoltato quella stessa musica, ha rincorso quello stesso pallone, ha bevuto negli stessi bar, ma senza mai sparare in vita sua, Savatteri racconta la vicenda di quei ragazzi di Racalmuto, paesino in provincia di Agrigento, luogo natale anche di Leonardo Sciascia, che lo scrittore era solito chiamare Regalpetra. Un paese dove tra gli anni settanta e ottanta, sono cresciuti insieme giovani che hanno costruito una palestra di impegno civile e giovani che hanno scatenato una sanguinosa guerra di mafia a partire dalla strage del 23 luglio 1991

Gaetano Savatteri, giornalista del Tg5, autore di romanzi e saggi sulla criminalità organizzata della Sicilia di ieri e di oggi, quei ragazzi li ha cercati e li ha incontrati di nuovo. A distanza di diciotto anni. E a diciotto anni di distanza racconta nel libro “I ragazzi di Regalpetra” le loro scelte, quelle scelte consumate al di là di una personale linea d’ombra. Non un libro sulle inchieste delle mafia, ma un libro che ha l’obiettivo di esplorare quel lato oscuro e nascosto del suo paese e della sua giovinezza, di quei coetanei che si sono trasformati in “ragazzi della morte”, che, in nome della famiglia, compiono qualsiasi gesto. Uccidono.

E in nome della famiglia si pentono e si consegnano alla polizia. Perché, come diceva Brecht: “Non è detto che ciò che non è mai stato non possa essere”. E non è detto che la lotta culturale contro la mafia non sia, malgrado tutto, l’unica verità auspicabile.

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