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L'opinione di un candido democristiano
Le veline non le ha inventate Berlusconi
Viterbo - 8 giugno 2009 - ore 1,00

Renzo Trappolini
- Passate le elezioni, mi pare il caso di ricordare che le “veline” da mettere in lista per attirare interesse e, se possibile, consensi elettorali, non le ha inventate Silvio Berlusconi.

Almeno in questo non è stato il primo. Come pure, il nuovo partito, suo competitore, il Pd, non è stato il primo ad affidare la testa di lista a un conduttore televisivo (David Sassoli).

Nel 1976, mi trovai, infatti, come segretario provinciale della Democrazia Cristiana, ad assistere due personaggi della tv che il partito aveva candidato al Parlamento, Paolo Cavallina al Senato e Roberta Giusti alla Camera.

Paolo era stato il primo giornalista a comparire in video per leggere il telegiornale e Roberta era una delle “signorine Buonasera “, quando l’immaginario virile d’Italia, alle prese con il cambio epocale susseguente al ’68 e bombardato dal terrorismo degli “opposti estremismi”, trovava alimento per le fantasie del dopocena proprio nelle annunciatrici televisive.

Eleganti come Gabriella Farinon, con lo sguardo intrigante di Mariolina Cannuli, rassicuranti come la bruna Nicoletta Orsomando e dolci come, appunto, la bionda e giovane Roberta.

Con Paolo Cavallina, candidato nel Collegio di Civitavecchia, che comprendeva anche una ventina di comuni del Viterbese, girammo tutte le sezioni, parlando in piazza, nei cinema di parrocchiali e finendo immancabilmente in cantina con gli elettori.

Non fu eletto, ma dopo un incontro al Circolo Acli di Vignanello e ripetuti brindisi in grotta con coltivatori diretti, operai, artigiani, dalle mani callose e anche un po’ sudate, decidemmo di scrivere insieme i ricordi della campagna elettorale in un libro da intitolare “Le mani di Vignanello”.

Ne parlammo, ma quanto a scrivere nessuno dei due buttò giù una riga.

Mi disse poi che, però, non avrebbe mai dimenticato, la lezione che lui - giornalista, intellettuale e operatore dello spettacolo tra i maggiori - aveva appresa dai suoi elettori, i quali scacciavano la stanchezza di un giorno di lavoro con l’impegno politico.

Con Roberta Giusti, invece, ero un po’ più interessato, perchè bastava il suo nome a riempire le piazze e i cinema e, allora, fare il comizio diventava davvero esaltante.

Ricordo un Cinema strapieno a Capranica (ho ritrovato le foto della serata) e poi le piazze, gremite, come quella del Comune a Nepi,dove arrivammo tra lo sventolio di bandiere bianche e, dagli altoparlanti, Fratelli d’Italia e Biancofiore.

All’inizio però non era stato così facile. Ci aspettava, ad Acquapendente, penso nel Salone parrocchiale, un gruppo di pie donne d’Azione Cattolica. Dopo il saluto del Segretario di Sezione, parlò lei, Roberta Giusti, bella, serena e dolcissima.

Precisò che sua madre era stata più bella di lei, ma, “vissuta nel periodo fascista non aveva avuto le sue opportunità di lavoro”. Lei invece, cresciuta“nella libertà “(assicurata dalla DC) faceva un mestiere che le piaceva, era felice e “conviveva con quel signore là” disse, indicando il suo boyfriend, un ragazzo della Roma bene, che l’accompagnava.

Eravamo in quasi sacrestia, le donne avevano qualche tempo prima battagliato contro il divorzio ed io, il segretario della Dc, presentavo a loro per le elezioni, una signorina della TV che per di più “conviveva”. Dovetti far appello a tutte le acrobazie dialettiche (che non ci mancavano), se potemmo lasciare Acquapendente senza troppi danni per il partito.

Roberta è morta giovane ed un importante prete romano ne ha promosso, anni fa, il processo di beatificazione. Aveva capito, più di noi che facevamo politica, il senso vero delle persone che, veline o no, hanno tutte un messaggio da dare e quello di Roberta Giusti era un inno alla libertà che le consentiva di vivere felice. Lavorando e “convivendo”.

Né più, nè meno, come tanti giovani oggi che, prima di impegnarsi per la vita, vogliono studiarsi e capirsi. Insieme.

Renzo Trappolini

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