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L'opinione di uno sporco comunista
Il "papi" e la libertà di stampa
di Valerio De Nardo
Viterbo - 15 maggio 2009 - ore 1,30

Valerio De Nardo
- Il quotidiano La Repubblica ha sostanzialmente aperto una campagna sulla vicenda “Papi Silvio”. Palazzo Chigi risponde parlando di «invidia e odio» nei confronti del premier.

Al di là di altre considerazioni, mi è venuto da pensare alla vicenda di Bill Clinton con Monica Lewinsky, facendo un parallelo su come funziona il sistema mediatico negli Stati Uniti ed in Italia.

Prima di tutto (sarà noioso ripeterlo, ma forse è bene ribadirlo), negli Usa sarebbe inconcepibile, oltre che legalmente impossibile, che il più grande proprietario di mezzi di comunicazione di massa privati (almeno nella misura in cui lo è Berlusconi) diventi capo del government di quella nazione. Ancora di più lo sarebbe nel caso in cui per la sua funzione istituzionale controllasse direttamente o indirettamente anche il trust pubblico televisivo.

Detto ciò è bene ricordare che Bill Clinton non fu messo sotto inchiesta dalla Commissione Starr perché aveva avuto una “relazione fisica sconveniente” (“improper physical relationship”) con la Lewinsky, bensì perché aveva mentito sul fatto che quei rapporti vi erano stati.

La morbosità del pubblico può avere indugiato sull’uso dei sigari presidenziali o sulle macchie dei vestiti della stagista, ma il cuore della procedura di impeachment aperta a carico di Clinton non fu sapere che cosa aveva fatto nella sua sfera privata, bensì sapere che aveva mentito su di essa.

I media statunitensi martellarono senza sosta e senza scrupoli l’uomo più potente del mondo, svolgendo quel ruolo di guardiani della democrazia che compete loro.

All’epoca era presidente del consiglio in Italia Romano Prodi e qualcuno diceva che se egli avesse avuto una relazione con una stagista il suo consenso nel nostro Paese non avrebbe potuto far altro se non salire.

Non so, ovviamente, se ciò sarebbe potuto essere vero, ma non credo che sia giusto giudicare gli uomini politici in base ai loro gusti ed alle loro abitudini. Ritengo sia invece insopportabile che i rappresentanti del popolo mistifichino la realtà ed usino la menzogna come normale strumento di azione politica. Smascherarli quando lo fanno credo che sia uno dei compiti principali dei giornalisti.

Non è quello che è successo la sera nella quale Berlusconi ha monopolizzato una intera puntata di “Porta a porta” per quello che è stato praticamente un monologo senza contraddittorio.

Per questo le domande che La Repubblica pone a fronte delle contraddizioni che emergono dalle dichiarazioni di Berlusconi, di Noemi ed Elio Letizia e di Veronica Lario meriterebbero risposte vere, non smentite, né minacce di querele (alla moglie che chiede il divorzio e parla di un marito che “frequenta minorenni” e che “non sta bene”).

Per questo considero l’iniziativa del giornale diretto da Ezio Mauro una scelta coraggiosa in un panorama informativo desolante. Nel rapporto 2009 di Freedom House (organizzazione autonoma con sede negli Stati Uniti, che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo) il nostro Paese viene declassato da Paese “libero” (free) a “parzialmente libero” (partly free), unico caso nell'Europa Occidentale insieme alla Turchia.

In un Paese più libero, forse, invece di preoccuparci di Noemi, delle veline o di altre armi di distrazione di massa, potremmo dedicarci a capire come fronteggiare qualche problema un po’ più importante per tutti noi.

Un'ultima considerazione sul parallelo Bill-Silvio: la moglie del primo gli rimase accanto (anche per ragioni strumentali) nel momento di maggior difficoltà; quella del secondo ha chiesto il divorzio nel momento di maggior successo pubblico del coniuge. Chapeau!

Valerio De Nardo

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