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Viterbo - E' quanto emerso dallo studio della Camera di Commercio
L'economia della Tuscia regge la crisi
Viterbo - 8 maggio 2009 - ore 14,00

Ferindo Palombella, presidente della Camera di commercio
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- L'economia della Tuscia è ancora in piedi.

Stando a quanto riportato dal rapporto sull'economia della tuscia viterbese 2008 dell'istituto Guglielmo Tagliacarne, presentato questa mattina alla Camera di commercio, l'economia viterbese, nonostante la crisi, riesce a contenere le perdite.

All'incontro hanno preso parte, tra gli altri, Ferindo Palombella, presidente della Camera di commercio di Viterbo e Alfonso Feleppa, direttore dell'istituto Guglielmo Tagliacarne.

Nell'analisi è stato evidenziato che la crisi, estesa ormai all'economia reale, ha inciso in maniera non determinante sulla nostra economia, fattore confermato da una crescita comunque sostenuta del Pil (+1,9% a prezzi costanti) confermando così il trend dello scorso anno e andando in controtendenza con i rilevamenti nazionali.

Anche il livello di ricchezza pro capite è in lensa ascesa, ma si attesta sul livello di media nazionale, dato l'incremento demografico che caratterizza costantemente le nostre zone.

La crisi ha colpito in maniera più netta quei sistemi economici più estesi e organizzati, mentre le piccole e medie imprese che operano sul territorio sono ancorate a un sistema di sviluppo tradizionale che risulta comunque bisognoso di essere modernizzato e ampliato.

A fare la parte del leone sono due settori principali: quello del terziario e dell'agricoltura. Quest'ultima assorbe il 38.5% delle imprese attive nonostante il consistente calo registrato negli ultimi anni.

Due le eccelenze nel settore manifatturiero: quello del distretto industriale di Civita Castellana e l'industria alimentare e delle bevande.

L'export è il vero punto dolente dell'analisi.
La Tuscia infatti, pur arrancando nelle medie nazionali, subisce un brusco calo del -6,5%.
I settori più colpiti sono quelli della lavorazione dei minerali non metalliferi con un trend negativo superiore all'8% e quello dei prodotti alimentari. Più contenute le perdite dei prodotti del manifatturiero.

Le maggiori flessioni si sono riscontrate verso l'Europa, che rimane comunque il partner prencipale per l'export made in Tuscia. In crescita i mercati dei paesi in via di sviluppo.

Per quanto riguarda il credito, le banche locali si confermano di piccola e minore dimensione.
Da segnalare l'allarme delle imprese: una su tre infatti trova difficoltà nel credito che inevitabilmente comporta nuove misure per la gestione dei capitali come il ritardare i pagamenti ai fornitori e l'utilizzo di finanziamenti a breve termine per non ingessare l'economia.

Ma i dati negativi si riflettono anche sulla disoccupazione, in aumento dello 0,5% in base annua. Notevole risulta il gap tra occupazione maschile e femminile, con un divario di circa il 30%.

Forte anche la contrazione dei livelli produttivi provinciali, del riassorbimento degli ordinativi e conseguentemente del fatturato. Le flessioni maggiori si evidenziano nei settori delle costruzioni e dei servizi.

La positività sta nel fatto che in una situazione di forte crisi una quota significativa del tessuto produttivo provinciale ha deciso di puntare sugli investimenti, previsti anche per il 2009.

Una risorsa positiva che potrebbe modernizzare ed ampliare l'economia è stata individuata nel'areoporto. Le previsione non sono omogenee. Si passa infatti da stime che danno 20 milioni di passeggeri ad altre che ne danno la metà, basandosi sul 2014 cme data di inizio dei voli.

Tale infrastruttura avrebbe effetti notevoli sugli investimenti che solo per la sua attuazione ammonterebbero a circa 300 milioni di euro.

Tutto ciò andrebbe ad aumentare il valore aggiunto grazie al turismo e agli investimenti ferroviari. Per tale motivo è previsto un incremento degli investimenti pari ad un +9,7%.


La crisi economica lascia il segno ma non mette in ginocchio gli imprenditori della Tuscia, che anzi hanno già intrapreso la strada degli investimenti e sono pronti a nuove assunzioni, ma chiedono più flessibilità alle banche per favorire l’accesso al credito. È quanto emerge dalla presentazione del 9° Rapporto sull’Economia della Tuscia Viterbese da parte della Camera di Commercio di Viterbo in occasione della Giornata dell’Economia, promossa a livello nazionale da Unioncamere, realizzato dall’Istituto di ricerca economica Guglielmo Tagliacarne insieme con l‘Osservatorio Economico Provinciale.

“La presentazione del Rapporto – dichiara Ferindo Palombella, presidente della Camera di Commercio di Viterbo – arriva in una fase delicata in cui non dobbiamo temere di analizzare e diagnosticare lo stato di salute della nostra economia, offrendo indicazioni con lucidità e senso di responsabilità sugli interventi necessari. Come Ente camerale abbiamo sempre perseguito il lavoro sinergico tra istituzioni, associazioni di categoria e sindacali; al tempo stesso abbiamo operato per l’interazione con le imprese e con i mercati svolgendo in tutti i settori quel ruolo di catalizzatore che è proprio nella nostra mission. Su questa strada sappiamo di incontrare l’interesse di tutti gli attori economici, pronti oggi più che mai a non perdere il treno della ripresa, che include la sfida importante dell’aeroporto”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si è pronunciato Alfonso Feleppa, direttore dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne il quale ha aggiunto: “La crisi può essere vista come una straordinaria opportunità per compiere scelte significative, come quella di favorire l’aggregazione, considerando che i nostri studi hanno confermato che le imprese più performanti sono proprio quelle in grado di stringere tra loro delle partnership”.

Dalle rilevazioni del Rapporto sull’Economia della Tuscia Viterbese emerge una fotografia che non lascia scampo: fatturato, ordinativi, esportazioni e occupazione col segno meno, anche se paradossalmente la Tuscia è una delle province ad aver beneficiato maggiormente dell’attuale scenario economico con un incremento del PIL nel 2008 del +1,9%, a differenza di quanto rilevato a livello nazionale (-1,0%) e regionale (-0,1%). In crescita anche il livello di ricchezza procapite, pari a 21.526 euro (nel 2007 era 21.190 euro).

“Questa tenuta è spiegabile – dichiara Francesco Monzillo, vicesegretario e responsabile del Servizio Studi e statistica della Camera di Commercio di Viterbo e dell’Osservatorio Economico Provinciale – – in quanto in un periodo di difficoltà come quello attuale, l’isolamento produttivo che caratterizza il territorio del viterbese funga, tutto sommato, da riparo alle imprese locali. Risulta, pertanto, opportuno mettere insieme quelle politiche volte ad un miglioramento strutturale, al fine di limitare tale isolamento durante il periodo di ripresa del ciclo espansivo”.

Il valore aggiunto prodotto nella provincia di Viterbo nel 2007 risulta pari a 5,8 miliardi di euro. Di questi, il 73,7% (70,5% a livello nazionale) è da associare all’attività terziaria, prevalentemente costituita dal commercio, dai trasporti, dalla ricettività e dai servizi alla persona. Questa prevalenza del terziario per Viterbo (seconda nel Lazio dopo Roma), trova la sua giustificazione anche nel carente tessuto industriale che produce appena il 19,2% del valore aggiunto provinciale (di cui solo il 12,9% appartenente al manifatturiero) rispetto ad una media nazionale del 27%. Diversamente, l’incidenza del valore aggiunto agricolo sul totale dell’economia provinciale (7,1%) risulta una delle più elevate a livello nazionale e ben superiore alla media regionale (1,1%) e dell’Italia nel suo complesso (2,1%). Dunque, quella di Viterbo si conferma come un’economia prevalentemente orientata al terziario tradizionale e all’agricoltura; escludendo, infatti, casi interessanti quali l’industria alimentare e il distretto di Civita Castellana, non si rilevano significativi esempi industriali o segmenti terziari di eccellenza.

TESSUTO IMPRENDITORIALE

Quanto alla struttura del tessuto imprenditoriale della Tuscia l’agricoltura, continua ad avere un ruolo primario assorbendo il 38,5% delle imprese attive, anche se in consistente calo negli ultimi anni, seguita dal commercio che assorbe il 22,7% delle imprese, in leggero aumento rispetto ai dati dell’anno precedente. Un numero di imprese importanti si riscontrano anche per il settore delle costruzioni che ha proseguito nel 2008, seppur in tono minore, la crescita evidenziata tra il 2003 ed il 2007, arrivando ad un peso pari al 14,0% delle imprese attive in provincia di Viterbo.

Il settore delle attività manifatturiere assorbe il 7,1%, dato di gran lunga inferiore al corrispondente nazionale (12,1%) e al suo interno comprende due eccellenze quali l’industria ceramica del Distretto industriale di Civita Castellana e l’industria alimentare e delle bevande. Il settore delle attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca, con il settore degli alberghi e ristoranti, assorbono il 10% circa delle imprese della Tuscia. Questi due settori pur registrando significative variazioni in aumento, sia nel breve che nel medio periodo, non riescono a colmare il divario che li separa dalla media nazionale e dalle realtà più evolute della Regione e della Nazione.

Confrontando le varie forme giuridiche, si evince come il tessuto produttivo provinciale viterbese sia particolarmente concentrato nella micro e piccola imprenditoria che lo rende particolarmente fragile nel rapporto con i mercati. Infatti, il sistema imprenditoriale della Tuscia si compone per oltre il 75% da ditte individuali, anche se va sottolineata la variazione negativa di un punto percentuale, collegata all’ispessimento imprenditoriale della Tuscia, testimoniato da un importante crescita del peso delle società di capitale, passato dal 5,3% del 2003 all’8,3% del 2008. Rimane comunque lontano il dato dell’Italia nel complesso, dove il peso delle società di capitale è giunto al 16,5%.


EXPORT

Passando al commercio con l’estero, i risultati annuali dell’export della provincia di Viterbo registrano una variazione nel 2008 rispetto al 2007 del -6,5% in controtendenza rispetto ai dati regionali che vedono crescere l’export del +2,5% e comunque peggiore del dato nazionale rimasto stabile nel periodo.
La disaggregazione dei dati per settore economico mostrano come il settore manifatturiero sia il core business del commercio estero provinciale, con la lavorazione dei minerali non metalliferi che assorbe il 44% dei flussi commerciali verso l’estero, seguono il mercato dei prodotti alimentari (12,1%), l’agricoltura (9,2%) ed altri prodotti manifatturieri tra cui il mobilio (8,8%).

Il settore dei prodotti della lavorazione dei minerali non metalliferi è quello che ha risentito di più della crisi internazionale con una contrazione dell’export del -8,3%, mentre per gli altri prodotti manifatturieri (compresi i mobili) è stata più contenuta -2,4%. Per i prodotti alimentari la contrazione dell’export è stata del -19,7% con i Preparati e conserve di frutta e di ortaggi che subiscono un calo del 22% circa, mentre tiene l’agricoltura con un aumento del 2,3%.

L’Europa con il 73,4% dell’export si conferma il principale mercato di riferimento per le imprese della Tuscia, anche se va segnalato il crescente peso che i continenti e le Aree emergenti stanno acquisendo nel commercio internazionale. Nel 2008 c’è stata una diminuzione dell’export verso il Vecchio Continente pari al -11,4%, con una flessione particolarmente sentita verso la Spagna del -24,2% (1° paese per destinazione dei prodotti ceramici), verso la Francia del -5,7%, e della Germania del -14,4%. Tra i paesi Europei le uniche variazioni positive si hanno per Svizzera (+1,1%), Lituania (+85,6%) e Russia +32% i cui volumi di scambio stanno acquisendo una discreta importanza. Gli Stati Uniti diventano il terzo paese più importante per il nostro export +5,7%. Cresce il peso del mercato asiatico +15,5%, crescita che si riflette anche nel contesto internazionale che si è orientato verso le aree emergenti.

CREDITO

Se si va ad analizzare la situazione del credito il 53,4%, delle banche nella Tuscia, sono di piccola e/o minore dimensione, una realtà peculiare rispetto ad un contesto regionale dove, vista la presenza della Capitale, sono le grandi banche a svolgere un ruolo dominante nel sistema del credito.

Lo stato degli impieghi nel territorio provinciale definisce uno scenario positivo, il volume cresce sia nell’intervallo temporale di breve periodo (+6%) che in un’ottica strutturale (+37,1%); una variazione simile, tra il 2004 ed il 2008, a quella regionale (+39%) ed al trend nazionale (+38,9%). Diverso è il caso dei depositi, tale dato ha evidenziato, infatti, uno scarso incremento nell’ultimo anno pari all’1,8%, ed un trend pari, tra il 2004 ed il 2008, al +15,3%, crescita molto più bassa dell’analogo regionale (+31,2%) e nazionale (+23,3%).

La provincia di Viterbo risulta avere un discreto valore di rischiosità del credito (sofferenze su impieghi 4,0%), superiore alla media nazionale (2,8%) e regionale (2,8%).

In un contesto come quello appena delineato, Viterbo si posiziona a metà classifica per quanto riguarda i tassi di interesse a breve termine praticato dalle banche (54° posto) con un tasso del 7,62%, che risulta essere di poco superiore alla media nazionale (7,16%).

IL MERCATO DEL LAVORO

L’andamento del mercato del lavoro della provincia di Viterbo conferma la fragilità strutturale già dimostrata in passato. Il tasso di disoccupazione dal 2007 al 2008 è aumentato dal 9,6% al 10,1%, con un aumento sia della disoccupazione maschile arrivata al 7,8% sia di quella femminile il cui tasso è pari al 13,8%. Il tasso di occupazione è in crescita dal 52,4% al 55,5% ma permangono evidenti differenze con il dato del Lazio che è del 60,2%, quello Italia è del 58,7%.

Rimane anche in questo caso elevato il gap tra il tasso di occupazione maschile che è del 70,1% e quello femminile del 40,8%, con insoddisfacenti opportunità di lavoro per le donne nella Tuscia. La debolezza del sistema occupazionale della Tuscia è confermata anche dal tasso di attività, pari al 61,8%, inferiore al 65,1% del Lazio e al 63,0% italiano.

LA CRISI E LA CONGIUNTURA VISTE DALLE IMPRESE

In relazione all’indagine congiunturale realizzata presso un campione di 450 imprese della provincia emerge una situazione piuttosto complessa per l’imprenditoria viterbese che comunque conferma di aver risentito meno della crisi rispetto ad altri territori maggiormente integrati con i mercati internazionali.

L’indagine ha messo in luce anche un problema di irrigidimento del credito, verificato per oltre 1/3 delle imprese intervistate. Il peggioramento delle condizioni di accesso al credito si esplica, soprattutto, in un’inadeguatezza dell’ammontare concesso dalle banche (57,8%), nell’eccessiva richiesta di garanzie patrimoniali (51,7%) ed in un aumento del costo del denaro (42,9%), tutte fattispecie che rischiano di ingessare le attività delle imprese a corto di liquidità. Per far fronte a questa minore capacità di indebitamento, le strategie temporanee utilizzate dalle imprese, consistono principalmente nel ritardare i pagamenti ai fornitori (49,0%) e in un utilizzo di finanziamenti a breve termine attraverso lo strumento dello scoperto bancario (32,7%).

Focalizzando l’attenzione sulle performance imprenditoriali, si evince come il quadro economico provinciale risulti in progressiva difficoltà nel 2008 rispetto al 2007, nei livelli produttivi provinciali (-11,5%), rispetto al riassorbimento degli ordinativi (-10,1%) e del fatturato (-8,5%). In tale scenario, si distingue il dato riguardante l’occupazione che risulta essere la variabile meno influenzata nel confronto con il valore del 2007 (-1,9%) e caratterizzata da aspettative contenute di flessione nel 2009 (-2,9%).

Nel distinguo settoriale, il risultato peggiore risulta quello delle costruzioni e dei servizi che denunciano un fatturato in calo rispettivamente del 10,2 e del 10,1%.

In quest’ultimo caso sono i servizi diretti alle imprese quelle più in difficoltà (terziario avanzato -12,4% e trasporti -15%). Il dato favorevole è che per far fronte all’attuale congiuntura, ed alla conseguente contrazione dei livelli di attività, una quota significativa del tessuto produttivo provinciale ha deciso di puntare sugli investimenti. Si segnala la volontà dell’imprenditoria locale di reagire alla fase discendente del ciclo economico mediante un incremento, nel 2008 rispetto al 2007, delle risorse finanziarie destinate all’attività di investimento (+5,5%, per la provincia nel suo complesso). Valutazioni che in linea di massima in previsione vengono confermate anche per il 2009.

LA REALIZZAZIONE DELL’AEROPORTO: IMPATTO ECONOMICO E OCCUPAZIONALE

L’impatto economico occupazionale di un aeroporto è dato dalla somma di quattro componenti: effetto diretto, effetto indiretto, effetto indotto ed infine quello catalitico o dinamico. A questi effetti permanenti andrà aggiunto l’impatto temporaneo ma non trascurabile inerente gli investimenti iniziali.

Le nuove stime ipotizzate all’inizio dell’anno 2009 da ENAC e Aeroporti di Roma Spa, prevedono che l’aeroporto di Viterbo entrerà a regime nel 2014, momento in cui si concluderà la delocalizzazione di Ciampino. Il punto di partenza dello scalo viterbese si attesterà quindi sui 4,5 milioni di passeggeri con un prevedibile sviluppo a 9 milioni di passeggeri annui nel 2020, secondo una valutazione prudenziale,.

Per quanto riguarda l’investimento iniziale, ad oggi già sono evidenti alcune distinzioni rispetto a quanto ipotizzato nello studio dell’ICCSAI di ottobre 2007 proprio in ragione delle nuove ipotesi che portano da subito a dimensionare l’aeroporto di Viterbo per una capacità operativa di oltre 10 milioni di passeggeri/anno.

In base alle considerazioni effettuate e alle stime preventive della società ADR di ENAC ed ENAV, si ipotizza una spesa d’investimento complessiva pari a circa 300 milioni di euro per la realizzazione, in particolare, delle infrastrutture aeroportuali e delle infrastrutture e degli impianti di assistenza al volo ed opere collegate interne all’aeroporto. Come accennato non si prende in considerazione la spesa per opere viarie e ferroviarie che ad oggi non appaiono facilmente stimabili sia come tempi che come costi. Questi 300 milioni di euro, in via prudenziale, generano un 40% di valore aggiunto relativo al settore delle costruzioni ed indotto per un ammontare totale di 120 milioni di euro con 1.680 addetti da impiegare per circa 2 anni.

Nell’orizzonte temporale 2014-2020, per le ipotesi presentate l’impatto totale misurabile in provincia di Viterbo andrà da un minimo di 4.839 ad un massimo di 8.660 occupati (da un +4,2% ad un +7,5% di occupati rispetto al dato 2008) e da 212,563 milioni di euro a 364,735 milioni di euro di valore aggiunto (da un +3,6% ad un +6,3% di valore aggiunto in più rispetto al 2007).

Una stima del potenziale turistico sul versante delle presenze nel territorio è stata realizzata partendo da altri territori presi a riferimento, in primis Bergamo e Pisa che sono le strutture aeroportuali che più si avvicinano a quello realizzando di Viterbo. Una volta verificata una correlazione positiva piuttosto forte tra aumento delle presenze registrate nelle due province ed incremento dei passeggeri in transito nei rispettivi aeroporti è stato stimato il numero delle presenze aggiuntive che si possono registrare su un territorio per ogni milione di passeggeri in transito.
Queste previsioni formulate dall’ufficio studi della Camera di Commercio di Viterbo sembrano confermate anche dalle risposte degli imprenditori della Tuscia.

Le imprese viterbesi, infatti, valutano che la realizzazione dello scalo aeroportuale della Tuscia consenta un deciso incremento nella capacità di attrazione dei turisti (da 1 a 10: media 6,9), con particolare riferimento alle imprese del settore delle costruzioni (7,5), del commercio, dei servizi (entrambe 7,1). A ciò si aggiunga come, secondo le imprese intervistate, la realizzazione di un’eccellenza infrastrutturale, come uno scalo internazionale, porta alla costituzione di un solido indotto produttivo in grado di alimentare la domanda sul territorio, soprattutto per le imprese delle costruzioni (6,9) e per le società per azioni (9). Secondo gli imprenditori anche il sistema della mobilità e dei trasporti beneficierà dello scalo, così come, anche se in maniera più ridotta il flusso delle esportazioni.

L’analisi di impatto dell’aeroporto sulle attività di impresa indica come la piena attività dell’indotto conferirà un incremento del volume di affari delle imprese pari al +11,6%; ne beneficieranno soprattutto le imprese dei servizi (+15,5%) e quelle con oltre 50 addetti (+16,9%). L’incremento dell’occupazione e degli investimenti dichiarato dagli imprenditori locali lascia pensare che l’attrattività dell’area, in termini sociali ed economici, ne beneficierà sensibilmente, attivando un circuito virtuoso di ulteriori investimenti che, probabilmente, si rifletteranno sul tenore di vita, sull’occupazione e sugli stili di consumo dei residenti. Secondo le stime delle imprese locali, infatti, anche l’occupazione beneficierà dell’indotto aeroportuale a pieno regime (+8,2%) con punte rilevanti sempre per quelle dei servizi e per quelle più strutturate.

Infine, anche per gli investimenti è previsto un aumento del +9,7%, con punte nei servizi (+13,4%, per lo più turismo e trasporti) e nelle imprese con oltre 50 addetti (+10,3%) ed in quelle più piccole (+10,2%).

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