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Arcionello, il Comune ricorre al Tar - ll corsivo di Bruno
Tanto tuonò che piovve
di Severo Bruno
Viterbo - 16 marzo 2009 - ore 1,30

Severo Bruno
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- Tanto tuonò che piovve.

Si potrebbe commentare così la decisione della giunta Marini di ricorrere al Tar contro le presunte violazioni della legge regionale istitutiva del parco dell'Arcionello, decisione preceduta dalle proteste del sindaco e della sua giunta contro il cosiddetto colpo di mano della Pisana.

I brontolii ci sono stati, così le polemiche vivacissime che investirono, a torto, anche ex alleati di centrodestra, colpevoli di non aver difeso a sufficienza, in assemblea regionale, le ragioni del Comune e dei proprietari dell'area.

Ma che si arrivasse addirittura a un ricorso contro l'operato della Regione, questo non lo si prevedeva, e che venisse proposto non dai privati colpiti dal provvedimento, ma da amministratori pubblici, era cosa che mai avremmo azzardato anche nelle più allarmate previsioni.

Perché l'inverosimile non consiste nel ricorso in sé, ma nella qualifica di chi lo avrebbe proposto, sempre che la notizia sia confermata nella sua interezza.

Il preteso colpo di mano dell'assemblea regionale consiste nell'aver incluso nel parco dell'Arcionello, e quindi nella zona oggetto delle norme di salvaguardia, l'area di Pian di Cecciole, già destinata a ospitare un ingente insediamento di appartamenti e caseggiati per ben 117mila metri cubi, secondo il piano integrato approvato nella passata consigliatura e confermato il 24 novembre 2008 con l'approvazione della perimetrazione che escludeva quella zona.

Si capisce quindi perché alto fu il clamore che accolse la decisione della commissione prima, e la legge ragionale poi.

Non si trattava certo di una questione di principio, di qui i tuoni e ora la pioggia, anzi la grandine.

Ma ora che la legge è stata varata, per quali motivi il Tar dovrebbe accogliere un ricorso di un ente pubblico che rappresenta esclusivamente il malumore dei proprietari?

Se è chiara infatti la dinamica dei fatti, non altrettanto chiaro appare l'interesse pubblico a ricorrere in materia riservata alla competenza regionale e contro gli atti compiuti in applicazione di una legge che ha accolto e difeso l'interesse pubblico a tutela del patrimonio paesaggistico e naturalistico cittadino.

O forse gli amministratori della città considerano pubblico quell'interesse privato a costruire?

Se così è, si deve concludere che la giunta Marini prosegue l'opera della passata consigliatura dove i piani integrati presentati dai privati hanno disegnato lo sviluppo urbanistico della città, al di sopra e al di là del disegno del piano regolatore.

Nel caso venissero confermate le notizie relative al ricorso al Tar del Comune, si dovranno fornire comunque risposte chiare su apparenti e vistose contraddizioni di ruoli e finalità tra amministratori cittadini e regionali, e tra questi e i privati.

Con il rischio comunque incombente che un simile ricorso venga dichiarato inammissibile per carenza di interesse pubblico.

Severo Bruno

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