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Fosse Ardeatina - Interviene l'Anpi
"Azione giovani occulta le responsabilità dei fascisti"
Viterbo - 24 marzo 2009 - ore 2,30

Riceviamo e pubblichiamo - In occasione del 65° anniversario dell’eccidio delle fosse Ardeatine, Azione giovani Viterbo, tramite un comunicato stampa, sta esortato i politici e le autorità locali a ricordarne i martiri in una cerimonia che si terrà domani 24 marzo presso la chiesa di S. Maria del Paradiso.

Dai titoli sembra che l’organizzazione giovanile dell’appena disciolta An intenda rendere omaggio alle 335 vittime della ferocia nazifascista rivedendo posizioni precedentemente sostenute: una decina di anni fa Azione Giovani di Viterbo promuoveva infatti la pubblicazione Via Rasella, cinquant’anni di menzogne di Pierangelo Maurizio, libello teso ad attribuire ai partigiani la responsabilità delle fosse Ardeatine.

Entrando però nel merito di questo comunicato, emerge come, nonostante le espressioni di biasimo per l’eccidio, nonostante lo sdegno e la compassione per le vittime, su questi fatti storici ci si continui a muovere nel solco della disinformazione e del revisionismo strumentale.

Nella ricostruzione dei fatti sono innanzitutto omesse le responsabilità dei fascisti italiani, attribuendo loro addirittura un inesistente tentativo di mediazione con l’occupante tedesco, quando i fascisti si sono resi corresponsabili delle fosse Ardeatine come di tutte le altre stragi commesse a Roma e nel resto del Paese dai nazisti.

In buona sostanza, gira che ti rigira, i principali responsabili dell’eccidio sono i partigiani che hanno compiuto l’azione di via Rasella, che pure nel comunicato compaiono solo marginalmente; difatti, scrive Azione giovani: “le autorità carcerarie romane (fasciste – n. d. a.) frapposero ostacoli di ordine burocratico, nella speranza che gli autori dell'attentato si consegnassero entro le ventiquattro ore”: i fascisti, poveri loro, che si affannavano per salvare i condannati a morte, mentre i partigiani se la spassavano chissà dove!

Ecco di nuovo rispuntare la leggenda dell’avviso pubblicato dai nazifascisti secondo cui non sarebbero state compiute rappresaglie qualora si fossero presentati i “comunisti badogliani” autori dell’attentato.

Lo dovrebbero ormai sapere pure i sassi che quell’avviso è stato lanciato come agenzia stampa alle 22,55 del 24 marzo ad eccidio avvenuto: non a caso l’agenzia termina con la celebre (o almeno così dovrebbe essere) informazione “Quest’ordine è già stato eseguito”. L’eccidio avvenne il giorno dopo di via Rasella: chi e per quale motivo stava aspettando “le 24 ore”, termine che tra l’altro nessuno aveva dato?

La questione storica delle fosse Ardeatine ha sempre suscitato dibattito: sin dal dopoguerra la destra l’ha impugnata per ragioni strumentali al fine di attribuire l’eccidio ai Gap che, il giorno prima, 23 marzo, anniversario della fondazione dei Fasci, avevano colpito, in un gesto di singolare coraggio, un reparto di SS altoatesine che a sua volta, armato di tutto punto, marciava per le vie cittadine in barba all’inviolabilità di Roma “città aperta”.

L’azione di via Rasella fu importante perché evidenziò, innanzitutto, la vulnerabilità di un’armata che si considerava invincibile e che pensava di avere un popolo intero sotto il proprio tallone. Ne fece seguito una rappresaglia d’inaudita ferocia, consumata nel disprezzo di ogni legge militare o codice cavalleresco.

I nazifascisti non potevano dire alla popolazione che avrebbero ucciso oltre trecento romani, col rischio dell’insurrezione cittadina, e così fecero tutto in fretta e furia, occultando persino i cadaveri: altro che attendere la consegna dei responsabili!

Le sentenze per i vari processi consumatisi negli anni successivi - sino ai giorni nostri - hanno definito l’attacco di via Rasella un legittimo atto di guerra contro l’invasore; i gappisti che portarono a termine l’azione hanno vinto tutte le cause intentate contro di loro. Rosario Bentivegna continua tuttora a vincere quelle per diffamazione – l’ultima qualche giorno fa - contro giornali di destra che non mancano mai di ripetere la vulgata sulla “vigliaccheria” gappista.

Ricordando, per l’occasione, che la nostra provincia ha avuto alle Ardeatine tredici caduti, due dei quali - Alberto Cozzi e Manlio Gelsomini - insigniti della Medaglia d’Oro, occorre ribadire che ogni celebrazione dei 335 caduti delle Ardeatine non può prescindere dalla ricostruzione corretta delle vicende che portarono al loro martirio.

Silvio Antonini
Segretario e portabandiera
Anpi Cp Viterbo

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