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Viterbo - Civita Castellana - Inchiesta di Rifondazione, i risultati pubblicati da Liberazione
La ceramica va in cassa integrazione
Viterbo - 26 marzo 2009 - ore 13,30

Riceviamo
e pubblichiamo da Rifondazione Comunista un articolo di Stefano Galieni, pubblicato oggi da Liberazione, sulla crisi a Civita Castellana - Nelle province del centro e del sud sono numerosi i comparti, spesso specialistici, che costituiscono, la reale base economica, messa in difficoltà dalla portata della crisi. Nel viterbese, in particolare in comuni come Civita Castellana, è strutturale l’importanza della produzione di ceramiche.

I settori fondamentali in cui si suddivide tale comparto sono quelli della produzione di stoviglieria, di piastrelle e di sanitari.

I risultati prodotti dall’inchiesta lampo elaborata dal “Dipartimento nazionale inchiesta Prc” e realizzata sul campo da iscritti alla federazione di Viterbo, riguardano un campione di 252 questionari, sui quasi 3000 addetti del settore, escluso l’indotto, su una popolazione di circa 35mila abitanti, nelle undici aziende esaminate delle circa cinquanta in attività nel distretto.

L’83% del campione lavora in imprese che hanno oltre 50 dipendenti; il restante in quelle che possono essere annoverate realmente fra le piccole attività.

Se i settori della stoviglieria e delle piastrelle risentono già da parecchio della concorrenza, prima cinese e poi spagnola, quello dei sanitari era finora passato quasi indenne, tanto che una percentuale relativamente alta delle aziende richiedeva lavoro straordinario (il 54% nelle medie e il 31% nelle piccole).

Il quadro che si poteva fare fino a poco tempo fa di questo comparto era di una relativa solidità, con una massiccia presenza di contratti a tempo indeterminato e con il 47% di lavoratori dipendenti della stessa azienda da oltre 10 anni.

Ma tutto sta rapidamente mutando, c’è una crescita rapida del ricorso alla cassa integrazione (1734 lavoratori in CIg rilevati nel mese di febbraio e altri quattrocento a marzo): aumentano le aziende in crisi dichiarata o che comunque risentono di una congiuntura sfavorevole; aumenta la percezione di insicurezza fra i lavoratori rispetto al proprio futuro.

Tanto i lavoratori più anziani, quelli per cui in caso di chiusura dell’azienda diviene più difficile un reinserimento nel circuito produttivo, quanto fra i più giovani, il 52,8% degli intervistati vede a rischio il proprio posto di lavoro. La salvaguardia del posto è al centro delle preoccupazioni per il 62%, mentre solo per il 14% sono le condizioni di vita e di salute il tema centrale. Va ricordato che le malattie professionali sono un gravissimo problema in questi settori produttivi.

Per gli altri motivo imperante è quello salariale, e mentre per il 42% la soluzione è nella diminuzione delle trattenute fiscali (la proposta Pd) si riaffaccia al 34%, soprattutto fra i lavoratori più anziani e consapevoli, la richiesta della scala mobile come proposta condivisibile.

Tanti sono coloro che vorrebbero poi vedere una maggiore unità sindacale (il 54%) per rendere ancora più autorevole in sede di contrattazione il ruolo del sindacato e un quinto dei lavoratori vorrebbe un rafforzamento delle posizioni della Cgil, (il 12% dei sindacati di base).

Nonostante la tempestività con cui è stata realizzata l’inchiesta, i dati che ne emergono rischiano di divenire datati in tempi brevi. Coloro che hanno di fatto proposto il questionario ai lavoratori intendono riprendere, con lo strumento dell’inchiesta, un percorso molto più articolato.

"Dobbiamo ripensare le modalità di fare inchiesta e forse il questionario non è sufficiente – afferma Ester Ciampricotti, segretaria del circolo del Prc di Civita Castellana - va pensato un lavoro a lungo termine, molto più complesso, capace di intercettare tutte le problematiche di chi lavora in questo settore, dal precariato, ai cassaintegrati al problema della salute, magari attraverso interviste mirate, individuali o collettive.

La Cgil sta lavorando per fronteggiare la crisi con delle proposte interessanti. Ma il tavolo con il governo centrale in cui si sarebbe dovuto discutere della crisi del settore non è mai stato aperto e questo ci preoccupa".

Il Prc locale mira a condurre la sua azione su un doppio binario: da una parte una presenza costante nei luoghi di vertenzialità, dall’altra il proseguimento nel lavoro di inchiesta per giungere, presumibilmente a maggio, a un convegno sul distretto che serva a dare indicazioni di prospettiva.

Un lavoro urgente, tenendo presente che, anche in questo settore, il rischio che si corre è quello di una ennesima “guerra fra poveri”.

Nonostante solo il 7% della manodopera sia infatti costituita da lavoratori stranieri, cresce, anche fra i lavoratori vicini al Prc, l’idea che per risolvere la crisi sia necessario licenziare “quelli che rubano il lavoro”, immigrati e fannulloni, secondo una categoria mentale che sta insinuando in maniera pericolosa nelle coscienze e nel pensare diffuso.

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