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Viterbo - Teatro dell'Unione - Il 28 e il 29 marzo
Palchi a prezzi scontati per "Il paese degli idioti"
Viterbo - 26 marzo 2009 - ore 20,00

- “Vola al teatro”, basta cogliere al volo la promozione dell’organizzazione (sconto a tutto tondo per i palchi di 2, 3° e 4°) per andare a vedere al Teatro Unione Tato Russo in “Il paese degli idioti”, in programma sabato 28 marzo alle 21 e domenica 29 marzo alle 17.

Uno spettacolo di una potente e sconcertante attualità, divertente e inquietante, dalla comicità stralunata e grottesca, ma anche un’occasione per far conoscere un piccolo capolavoro poco noto di Dostoevskij, ripensato attraverso la grande tradizione umoristica del teatro napoletano e la grande stagione del teatro russo.

Una vera “sorpresa teatrale”riservata dal direttore artistico dell’Unione, Tato Russo, al pubblico viterbese.

Ma cos’è “Il paese degli idioti”?

Nel 1859 Dostoevskij scrisse un romanzo “umoristico” dal titolo “Il villaggio di Stepancikovo e i suoi abitanti”, un testo che metteva alla berlina quel mondo costellato di intellettuali inconcludenti, prepotenti, ipocriti, parassiti della società aristocratico-borghese che popolavano la provincia russa, figure rappresentative di quell'epoca ma che non mancano certo anche nel nostro tempo.

Nella sua libera “reinvenzione” teatrale Tato Russo ha concentrato la tensione drammaturgica sull’analisi grottesca di un mondo compresso e inibito, succube di un mediocre intellettuale saccente e arrogante, che però, come ispirato da Dio, sa usare toni da demiurgo dell’anima, in grado di dominare l’ignoranza e l’idiozia di un piccolo mondo di provincia.

Il nodo centrale è quello di una parabola sul potere e sulle sue tecniche di comunicazione: l’arte di influenzare e affascinare gli sciocchi e gli sprovveduti per potere perpetuare il proprio dominio.

“L’idiozia sembra essere diventata una chiave di volta per interpretare la realtà contemporanea – è il commento al testo che Tato Russo ha liberamente tratto da Dostoevskij - Lo spettacolo è costruito secondo i canoni di un realismo asciutto ed essenziale che mescola sapientemente attori e scenografia, recitazione ed azione scenica.
Il dramma si apre con una vampata d fumo che suggerisce l’arrivo di un treno da cui discende il giovane Serjoza, appena giunto al suo paese natale, richiamato dallo zio Egor Ilic. Gli spettatori entrano assieme al giovane nella casa che deve ospitarlo e che sembra invece subito respingerlo. Si tratta di un interno borghese caratterizzato da una marcata stoffa verde e dalla presenza di una corte familiare austera e conservatrice, raccolta attorno alla vecchia e decrepita madre, interpretata da una fosca Anna Maria Ackermann.
Il giovane intellettuale sembra smarrito in un contesto ostile che respinge la sua dimensione cittadina (ha studiato mineralogia a San Pietroburgo) ed il suo credo scientifico.
Ma il peggio deve ancora arrivare e si presenta sulla scena – dopo cieca quaranta minuti dall’inizio della rappresentazione – nella figura di Fomà Fomic, un dotto che vive del mecenatismo della famiglia e che spadroneggia su di essa, interpretato da un ispirato Tato Russo”.

Vale la pena andare a teatro per vedere come va a finire e perché quel luogo disseminato di personaggi grotteschi si qualifica come “Il paese degli idioti”.

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