Riceviamo e pubblichiamo - A quanto pare alcuni personaggi dell’amministrazione dell’Università agraria e dei partiti che la sostengono, hanno i nervi allo scoperto e, non avendo altre carte in mano, si lanciano in una serie di squallide dichiarazioni, investendo la sfera personale.

Mi spiace che il signor Francesco Guaragno ritenga che io abbia offeso il Pd, ma insisto col dire che io sono un indipendente e che perciò la mia azione non è mai condizionata dall’appartenenza ad alcun partito, tanto è vero che sono l’unico rappresentante del gruppo indipendente e tale qualità l’ho sempre proclamata con orgoglio.

Non è neppure vero che io abbia ritirato la mia mozione. Sono stati alcuni membri del consiglio a chiedere un tempo di riflessione.

Forse sarebbe stato meglio che la riflessione l’avessero usata prima di fare un certo manifesto, apparso sui muri di tutta Tarquinia e che ora, povero orfanello, sembra non avere più né padre né promotori.

Il presidente Antonelli, che rivendica cultura politica e amministrativa, sostiene di non parlare il politichese, ma si deve mettere d’accordo con se stesso.

Nel politichese infatti quando non si hanno argomenti per controbattere o si lanciano accuse personali o si grida alla strumentalizzazione.

Antonelli ha fatto uso di entrambe e perciò, sono curioso di vedere a quale altro stratagemma ricorrerà pur di non entrare nel merito delle mie rivendicazioni e di impedire l’attività di controllo degli atti che, anche come semplice consigliere, mi compete.

Non è questo però che mi preme sottolineare.

Resta un fatto, centrale e incontrovertibile, alla radice del mio comportamento: nella veste di presidente della commissione di Bilancio, commissione che ha approvato all’unanimità le mie mozioni, ho richiesto da mesi l’elenco creditori e debitori, ma esso, ora con una scusa, ora con un’altra, mi è stato sempre rifiutato e non è stato presentato neanche in consiglio.
Cosa si nasconde sotto?

Questo sì che è un modo di offendere l’Università agraria e tutti gli agricoltori e cittadini che essa rappresenta e, non vorrei, anche la legge.

Enrico Benedetti