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Lettere - Vincenzo Ceniti: "La soluzione ideale per molte località della Tuscia"
"L'albergo diffuso per rilanciare il turismo viterbese"
Viterbo - 2 marzo 2009 - ore 18,30

Riceviamo e pubblichiamo - Molte località della Tuscia Viterbese sembrano create apposta dagli uomini e dalla storia per ospitare nei rispettivi centri storici un “albergo diffuso”, ovverosia una struttura ricettiva a gestione unitaria, capace di offrire servizi alberghieri di qualità in un contesto di rara esclusività.

Il termine “diffuso” sta a connotare una soluzione “orizzontale” dell’azienda che consente di vivere a contatto coi residenti e di fruire di tutte le peculiarità dello spazio ove è collocata.

Il primo esempio venne sperimentato nella Carnia (Friuli Venezia Giulia) nel 1982, cui seguì quello della Sardegna con una normativa che risale a1 1998.

Oggi questa tipologia extralberghiera, che recentemente è stata anche avallata dalle Nazioni Unite, è entrata nelle legislazioni di altre regioni, fra cui il Lazio con una legge che trova applicazione nel regolamento numero 16 del 24 ottobre 2008.

L’albergo diffuso, si legge nell’articolato, è una struttura ricettiva che, in un centro storico con meno di tremila abitanti o in un’area urbana omogenea individuata dal Comune (come potrebbe essere a Viterbo il quartiere di San Pellegrino), fornisce agli utenti alloggio, eventualmente vitto ed altri servizi accessori, in unità abitative dislocate in più stabili entro una distanza massima di 300 metri, con servizi unitari e centralizzati di reception e di ristorazione, con almeno due spazi di uso comune.

La ristorazione è esercitabile anche attraverso convenzioni con esercizi preesistenti.

Tali strutture sono composte da non meno di sette appartamenti con un minimo di quindici posti letto.

L’utilizzo di unità immobiliari a tale scopo non comporta specifica destinazione d’uso ai fini urbanistici.

L’adeguamento delle strutture, con particolare riferimento alla sicurezza e all’accessibilità, avviene nel rispetto della normativa vigente per gli edifici residenziali.

L’albergo diffuso è un’opportunità per molti centri storici di frenare l’espulsione degli abitanti verso quartieri periferici e per creare nuova domanda nel campo dell’edilizia, dell’artigianato e del commercio, valorizzando quelle professionalità che comunemente sono legate all’offerta ricettiva.

Si profilano due modi di realizzazione.

Il primo prevede l’iniziativa di un soggetto privato che acquista o prende in affitto gli stabili e si organizza per la gestione imprenditoriale.

Nel secondo, un gruppo di proprietari di case costituisce un consorzio ed affida ad un privato o ad una società la gestione dell’esercizio.

In ogni caso l’albergo diffuso non può essere una semplice sommatoria di strutture preesistenti, ma necessita di una identità comune, leggibile sia nei servizi che nelle ristrutturazioni.

Un ruolo determinante per avviare nel Viterbese questa tipologia di ricettività dovrebbe essere svolto dalle amministrazioni locali, soprattutto dai Comuni, cui viene chiesto di valorizzare le potenzialità latenti, individuare gli immobili, agevolare i richiedenti e quant’altro sia utile al sorgere dell’impresa.

Alla Provincia di Viterbo, chiamata dalla legge a svolgere le operazioni di classifica alberghiera (propedeutica all’autorizzazione comunale), andrebbe il compito di organizzare incontri di aggiornamento legislativo e professionale nelle località ritenute idonee ad ospitare una simile struttura, mentre alla Camera di commercio spetterebbe il sostegno creditizio finalizzato alle progettualità e agli investimenti.

Sarebbe in ogni caso utile che la stessa Provincia, in collaborazione con i comuni interessati, organizzasse un convegno-seminario per acquisire, da parte dei potenziali operatori, tutte quelle indicazioni necessarie a una successiva strategia di intervento.

Vincenzo Ceniti

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