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Addio diritto di sciopero? - ll corsivo di Bruno
Ma la difesa del lavoro non era un valore...
di Severo Bruno
Viterbo - 2 marzo 2009 - ore 1,30

Severo Bruno
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- Il consiglio dei ministri ha approvato pochi giorni fa un disegno di legge concernente la riforma del diritto di sciopero, limitata, sembra, al settore dei trasporti pubblici.

Per la verità, nel testo del disegno di legge non appare alcuna indicazione limitativa, ma appare soltanto il riferimento alla libera circolazione delle persone e al diritto alla mobilità, per cui le norme varate si dovrebbero correttamente intendere riferite allo sciopero in generale e non soltanto ad un settore.

Se si sia trattato di errore o di omissione volontaria, lo si vedrà nel corso del dibattito parlamentare e negli interventi dei rappresentanti del governo o della maggioranza che lo esprime.

Certo è che nella forma attuale esso apre orizzonti amplissimi al potere di controllo e di regolamentazione del governo, con grave riduzione del diritto di sciopero in generale e degli spazi di libertà, individuali e sindacali, cui siamo abituati.

La specifica regolamentazione prevista, infatti, con una serie quasi insormontabile di adempimenti preventivi, referendari e sindacali, rende quasi impossibile l'esercizio del diritto di sciopero anche ai sindacati organizzati, oltre che a ogni movimento di opinione.

Il limite del grado di rappresentatività superiore al 50% a livello di settore, rende molto difficile lo sciopero se non deciso entro alleanze concordi e assai ampie tra tutte le organizzazioni, cosa che rimane un obiettivo sempre ricercato, ma spesso non raggiunto, vista la complessità dei rapporti esistenti tra le organizzazioni del lavoro.

Realisticamente, si deve aver presente il pericolo che il principio di unità valido in sé, possa poi costituire l'ostacolo che impedisca di fatto lo sciopero: a tale scopo potrebbe essere sufficiente blandire e conquistare alla causa anche un solo sindacato appena rappresentativo, per rendere nulla ed inefficace la volontà del rimanente 49%, pur se rappresentato dal sindacato più numeroso e deciso.

Con l'aria di divisione e di accesa concorrenza attualmente vigente tra le principali centrali sindacali, il pericolo di scenari simili è molto più che virtuale, senza parlare poi di divisioni politiche e di tentativi permanenti di attuarle.

Inoltre, occorre esser più chiari sul ".....divieto di forme di protesta ...che per la durata o per le modalità di attuazione , possono essere lesive del diritto alla mobilità e alla libertà di circo lazione" ( art 1 co 2).

Che si intende con questo divieto generalizzato?

Forse l'addio a manifestazioni tipo quelle contro la Tav, o a quelle degli studenti dell'Onda contro la riforma Gelmini, o a quelle organizzate contro la chiusura della fabbriche con tanto di Vescovi in testa?

In tutte queste forme di protesta è stato indubbiamente leso il diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione, ma si è trattato in ogni caso di espressioni democratiche di dissenso non violento, comunque altamente significative.

I valori costituzionali in gioco e la loro tutela devono intendersi forse tutti di pari valore o non piuttosto distinti tra loro tra principi fondanti, quale il principio di libertà, e quelli applicativi, quale ad esempio il diritto di circolazione?

E la difesa del lavoro e dell'occupazione non deve forse essere tra i valori fondanti di una Repubblica fondata sul lavoro?

Secondo il disegno di legge che tanto ci occupa e preoccupa, invece, il lavoratore che scioperi in difesa del suo posto di lavoro o dell'adeguamento della paga,rischia, se sprovvisto di timbri e di approvazioni preventive, di pagare anche una multa spropositata, vera e propria tassa sulla disoccupazione.

Il disegno di legge del governo suscita insomma numerose e gravi perplessità, per cui tanto varrebbe ricominciare da capo a discutere l'intera materia ed affossarlo senza ripensamenti.

Per l'opposizione sarebbe utile a questo punto fermare i “pomtieri” e i dialoganti possibilisti, almeno fino a quando non saranno stati chiariti i dubbi e le ambiguità del testo in esame.

Per i sindacati sarebbe utile riflettere a fondo sulla irrinunciabile necessità di posizioni unitarie, pena la loro stessa sopravvivenza.

Certo, sembra proprio un paradosso, ma dobbiamo prendere atto che è proprio il governo nato dalle famose “spallate” berlusconiane, tutte incentrate su manifestazioni di piazza che hanno impedito decisamente la mobilità e la libera circolazione (taxi, Tir, e rifiuti), a voler regolamentare tutta questa materia per impedire proprio il ripetersi di fatti similari, cui peraltro deve anche la sua elezione.

Che sappia di che si tratta?

Severo Bruno

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