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L'opinione di uno sporco comunista
Rutelli cerca un centro di gravità permanente
di Valerio De Nardo
Viterbo - 2 novembre 2009 - ore 3,30

Valerio De Nardo
- Si continua a parlare di “transizione italiana” a proposito di un sistema politico che non trova un suo punto di stabilità da ormai oltre un quindicennio, talché oggi è la Lega Nord la formazione di più antica tradizione presente nel Parlamento italiano.

All’inizio degli anni ’90 la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda consegnarono l’Europa a nuovi equilibri. L’Italia non serviva più da paese di frontiera tra Nato e Patto di Varsavia e il circuito dei partiti tradizionali, cresciuto lungo tutto il secondo dopoguerra, si sgretolò rapidamente sotto il peso delle trasformazioni epocali e delle macerie di Tangentopoli.

Francesco Rutelli rappresenta sicuramente un simbolo dell’inquietudine di un approdo mai raggiunto da allora.

E’ stato un brillante giovane segretario del partito radicale di Marco Pannella. Dopo è divenuto leader dei Verdi, ministro per un giorno e sindaco in motorino di Roma. Quindi è stato sfidante di Berlusconi alle elezioni politiche del 2001, leader della Margherita, nelle cui vesti divenne cofondatore del Pd, portando poi alla sconfitta il centrosinistra nelle ultime elezioni comunali di Roma.

Adesso Francesco Rutelli si lancia in una nuova avventura, che sposta ancora più al centro l’asse del suo impegno, tanto da incontrare sul suo percorso Pierferdinando Casini.

Sarebbe da ipocriti non vedere che dentro il Pd molti festeggiano e si chiedono perché Binetti non segua il fuoriuscito. A nessuno è sfuggito il commento di Romano Prodi, all’indomani delle primarie che hanno eletto Bersani segretario del partito, sul fatto che se ne fosse uscito qualcuno non sarebbe successo alcunché.

Personalmente non ho simpatia politica né personale per l’ex “cicciobello” della politica italiana, il marito di Barbara Palombelli, così caro alle vignette di Vauro. Eppure, in questa sua inquietudine personale, Rutelli riflette un’ansia della politica italiana, la ricerca di un centro di gravità permanente (come direbbe Battiato) che non si trova più.

Dopo che si sono dissolti “pci psi dc dc pci psi pli pri” (come cantava Rino Gaetano, omettendo almeno il psdi, ma anche l’msi) è nata questa stagione, della quale il protagonista indiscusso è Silvio Berlusconi. Dentro di essa Rutelli ha interpretato a suo modo il protagonismo di una generazione politica e culturale e di un ceto politico improvvisamente orfani di grandi ideologie e narrazioni, ma anche di grandi partiti organizzati e grandi ambizioni.

Sicuramente l’approdo cercato dal cavaliere e da Walter Veltroni, il bipartitismo che tanto è caro al maestro di Rutelli, ossia Marco Pannella, sembra allontanarsi sempre più nella gestazione di questo nuovo centro, questa Kadima (il partito centrista nato in Israele dalla scissione di Laburisti e Likud) in salsa italiana, alla quale molti vorrebbero iscrivere il presidente della Camera Gianfranco Fini: altra figura che, con tenacia, ha seguito un percorso di ridefinizione dei fondamenti etici e culturali del suo impegno, per le quali sono notevoli le simpatie suscitate a sinistra.

Fino a che Berlusconi sarà l’astro al centro del sistema politico italiano, tutto graviterà intorno a lui.

Ma dopo non sarà improbabile assistere a un big bang: chissà che la cometa Rutelli non trovi allora, finalmente, un posto anche per sé.

Valerio De Nardo

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