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Viterbo - Interviene Daniela Bizzarri, consigliera di Parità
"Da Rosa un insegnamento: aiutare gli altri"
Viterbo - 2 settembre 2009 - ore 16,30

Riceviamo e pubblichiamo - Il ricordo di S. Rosa in questo periodo percorre le strade della città e permea gli animi di un misticismo che si sposa alla gratitudine per questa piccola donna che tanto ha offerto alla nostra città. I cittadini amano la nostra santa come se fosse una parte della loro vita, e si ac

alcano, al momento del trasporto della “macchina”, per le vie della città con una grande venerazione che è difficile oggigiorno riscontrare in alcunché. Prendiamo atto di tutto questo, perché a Viterbo abbiamo un tesoro, la nostra patrona, che ha dimostrato tanta forza ed abnegazione nel condurre il suo apostolato contro le istituzioni, e contro i rappresentanti dell’imperatore Federico II. Il mondo la conosce e conosce il trasporto della “macchina”, ha assistito negli anni a questo passaggio, alle modifiche della stessa, ai percorsi dei “facchini” grandi protagonisti di questa festa.

In virtù dei suoi miracoli e della opere di carità, la nostra santa è conosciuta ovunque, e rappresenta un modello di donna a cui dovremmo, noi donne moderne, uniformarci con passione. Perché la nostra santa ha avuto il coraggio che nasce dal proprio credo, dalla propria fede, dai propri entusiasmi.

Rosa nasce a Viterbo nell’anno 1233, quando l’Imperatore Federico II era impegnato ad ottenere il controllo della città a discapito dello Stato della Chiesa; per questo motivo in quel periodo per le strade della città si manifestavano cruenti combattimenti tra fazioni rivali (guelfi e ghibellini), con assedi, combattimenti, trattati di pace non rispettati.

Rosa, vivendo in questo clima di conflitti, sentì una forza interiore che la spingeva a difendere il papa contro Federico II. Non potendo entrare nel monastero delle clarisse per la estrema povertà della sua famiglia, riuscì a fare un’azione di apostolato girando per le strade della città con un crocifisso, lodando Dio ed esortando i cittadini a mantenersi fedeli a Dio e alla Chiesa, appoggiando la fazione dei Guelfi contro quella dei Ghibellini.

L’azione di Rosa non poté esternarsi come lei stessa avrebbe voluto, poiché non aveva una veste religiosa istituzionale, tuttavia ha lottato perché sentiva di doverlo fare e di poter opporsi in qualche modo alle pretese dell’imperatore Federico: ha portato per le strade la parola di Dio e ha trasmesso la sua verità a tutti i suoi concittadini.

Cosicché Rosa divenne il simbolo della lotta contro le “pretese egemoniche” dell’Impero, utile per consolidare il potere temporale della Chiesa su questo territorio, troncando l’esperienza di libero comune che aveva reso Viterbo potente e fiorente fino al secolo XIII.

Rosa con il trascorrere dei secoli è diventata un simbolo di pace e di amore, e anche se forse la sua storia umana ha assunto il sapore della leggenda, che si appoggia su racconti popolari colorati di fantasia, l’aspetto più pregnante di tutta la sua personalità e della sua vicenda è il modello che ci ha fornito.

Per questo oggi dovremmo fare tesoro dei suoi insegnamenti e della sua grandezza, prendendo spunto da questa grande donna.

E come donne di Viterbo e di tutti i territori della provincia, dovremmo cercare con umiltà di porgere una mano, un aiuto a tutti: uomini, donne, giovani, vecchi, e ricreare con gli altri e per gli altri la solidarietà che Rosa ci ha indicato nel corso della sua esistenza.

Daniela Bizzarri

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