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Viterbo - Il genitori di Paolo Esposito protestano davanti al tribunale - Fotocronaca
"Hanno fatto diventare padre e figlia due estranei"
Viterbo - 26 aprile 2010 - ore 11,10


- "Hanno fatto diventare padre e figlia due estranei. E' ora di dire basta".

Così era scritto in uno dei manifesti affissi da Enrico e Maria Esposito, questa mattina, di fronte al tribunale di Viterbo.

I coniugi Esposito hanno piantato un gazebo nel parcheggio del tribunale. In segno di protesta contro il divieto, per il loro figlio Paolo, di vedere la sua bambina Erika.

"E' una situazione che si trascina da dieci mesi - afferma l'avvocato di Esposito, Enrico Valentini -. Da quando, cioè, Paolo è stato arrestato con l'accusa di aver ucciso Elena e Tatiana. E' da luglio che padre e figlia non si vedono. Eppure nessuno se ne cura. Ci siamo dovuti ridurre a questo, per farci sentire".

E' stata la disperazione a spingere Enrico e Maria a tanto. Proprio loro, che finora hanno sempre seguito le indagini con discrezione e senza interferire, si sono ritrovati in un parcheggio in assetto da manifestazione di piazza. Cartelloni alla mano e tanta rabbia.

"Ecco cos'abbiamo dovuto fare per garantire un diritto a nostro figlio - dice Enrico, il padre di Esposito, con la voce tremante -. E' inaudito che Erika non possa riabbracciare il suo papà. La sua vita è stata completamente destabilizzata. La vediamo soltanto un'ora alla settimana, insieme agli assistenti sociali. Ormai, ce l'hanno portata via...".

Negli altri due cartelli, affissi al gazebo, i coniugi Esposito hanno scritto: "Assurdo atteggiamento vieta alla figlia di vedere il padre da dieci mesi. E' una vergogna". E poi le due domande che gli avvocati di Esposito, Valentini e Rosati, continuano a porre da mesi: "Non far vedere il padre alla figlia: è questo il bene della minore? Non far vedere la figlia al padre: è questo il rispetto dei diritti civili?".

Nessuno si sente di fermare Enrico e Maria. Né di dire loro che stanno invadendo il parcheggio. L'avrebbero pagato, se avessero potuto, ma il parchimetro non funzionava.

I curiosi si fermano a guardare. Polizia locale e carabinieri si avvicinano, ma soltanto per scambiare qualche parola con Enrico e Maria. Solo il vento sembra opporsi tenacemente alla loro protesta e, dopo un po', abbatte il fragile gazebo, sistemato, non a caso, davanti alla scritta "Palazzo di giustizia".

Dal Comune fanno sapere che quella di Enrico e Maria è un'occupazione del suolo pubblico. Ma i coniugi Esposito non demordono. Spostano i manifesti e li appendono ai vetri della loro auto.

Sono decisi a restare almeno fino a questo pomeriggio.

Non sanno ancora se continueranno a protestare nei prossimi giorni, ma una cosa è certa: vogliono farsi sentire. E vogliono che Paolo, reduce dal suo secondo sciopero della fame, possa riabbracciare la figlia. E' l'unica cosa che chiedono.


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