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Vetralla - Un gruppo di militanti si stacca dai vertici
Il Pd non ci rappresenta più
Viterbo - 15 dicembre 2010 - ore 17,00

Riceviamo e pubblichiamo - L’Italia è l’unico Paese in Europa in cui dalla crisi dell’azione di governo non ne ha tratto vantaggio il maggior partito dell’opposizione. Tanto è vero che, di fronte alla crisi del berlusconismo, assistiamo a una uguale crisi di credibilità del Partito Democratico.

Il progressivo calo elettorale, evidenziato in tutte le elezioni successive al 2008 (europee, regionali e amministrative) è figlio della mancanza di elaborazione politica all’interno del Partito.

L’assenza di una chiara linea politica, e il vuoto di elaborazione successivo al Lingotto, ci inducono a pensare che la grande scommessa politica del XXI secolo sta miseramente fallendo.

A causa di una classe dirigente, soprattutto ai vari livelli locali, impegnata più a partecipare al risiko virtuale delle spartizioni che all’analisi e alla proposta di soluzioni concrete di fronte ad una pesantissima crisi economica e sociale accentuata da un esecutivo ed un Premier inadeguati (unfit) a governare un grande Paese come l’Italia.

Sognavamo un partito nuovo che, superati gli steccati ideologici del Novecento, fornisse, alle nuove generazioni, strumenti idonei ad interpretare le nuove esigenze della società globalizzata e le nuove sfide che essa poneva e alle quali i vecchi partiti erano incapaci di dare risposte forti e condivise.

Siamo partiti per dare all’Italia un contenitore all’interno del quale le varie culture politiche del riformismo italiano (cattolica, socialista, laica) potessero mescolarsi per delineare un nuovo orizzonte politico e invece, oggi, nella migliore delle ipotesi, possiamo solo contare su “un contenitore senza contenuti”.

Il grande sogno del partito dei riformisti italiani è sempre più simile alla Cosa IV piuttosto che a un moderno partito riformista. Segno, questo, di una guida incapace di parlare con il grande elettorato di centro e, allo stesso tempo, non credibile alla sua sinistra.

Il Pd è rimasto nel guado a causa di un gruppo dirigente troppo impegnato ad elaborare strategie e tattiche per difendere la (nuova e vecchia) casta, e troppo spesso distante dai problemi reali.

E ci dispiace dirlo ma non saranno i “giovani portaborse” ad invertire questa tendenza: non per mancanza di capacità ma perché costretti a rispondere a quelle stesse logiche che stanno distruggendo la speranza dei riformisti italiani.

Il nostro appare un partito cristallizzato e sclerotizzato su logiche correntizie, militarizzate e blindate che risponde ai capo corrente e si incentra, in una logica autoreferenziale, sui “ras del tesseramento” che in un paese come Vetralla ci permette di avere un iscritto ogni 7 elettori scarsi.

Roba da Kabul. E qualcuno di questo riesce pure a compiacersene: non capendo che questo è l’inizio della fine.

Una logica, quella dominante, oggi, all’interno del Pd, incentrata sulla fedeltà e lealtà al capo agevolata, ancora, da una legge elettorale che designa e non elegge e dalla messa in discussione dello strumento delle primarie per eleggere i propri candidati.

Un partito al quale abbiamo deciso di provare a dare ancora fiducia ma del quale non vogliamo far parte non volendo occupare nessuno spazio all’interno degli organismi dirigenti locali. Dato che, per farne parte, avremmo dovuto scendere al compromesso di logiche numeriche che, se prese in considerazione dal gruppo firmatario il documento, avrebbero solo affossato il contributo al ragionamento costruttivo che più volte, come amministratori e militanti, in questi anni, non abbiamo mancato di dare al Partito Democratico.

E’questa la presa di distanza, sofferta, di un gruppo di militanti che, rifiutando la logica dell’appartenenza acritica e fideistica sono costretti, oggi, a non appoggiare le logiche che dominano il partito.

Non vogliamo rassegnarci e continueremo a lavorare, nel nostro piccolo, perché dalla sconfitta di queste logiche possa rinascere una grande speranza riformista per il nostro paese.

Sappiamo di essere un gruppo forse insignificante di iscritti, che lancia un grido di allarme, che si aggiunge alla sofferta presa di distanza dal Partito Democratico del sindaco di Vitorchiano Gemini Ciancolini; che va sommata all’uscita dell’ex segretario della Margherita.

E, chissà, magari a tante altre uscite silenziose che dovrebbero far suonare un campanello d’allarme, anche ai meno attenti tra i dirigenti, di quello che resta del Partito Democratico.

Luca Mancini
Vittorio Russo
Pietro Di Carlo
Candida Gentile
Giovanni Barlocci
Elisa Mancinelli
Sandra Delle Monache
Mauro Brescia
Emanuela Santucci
Giancarlo Preite


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