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Università della Tuscia - Il professor Piero Gianfrotta dopo i danni ai reperti archeologici
Crollo di Pompei, una sconfitta per tutti
Viterbo - 5 dicembre 2010 - ore 18,00

Riceviamo e pubblichiamo - Il crollo della cosiddetta ‘casa dei gladiatori’ (schola armaturarum) a Pompei ha suscitato particolare emozione e preoccupazione tra i docenti e gli studenti della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università degli Studi della Tuscia.

Gli studiosi che la compongono vi perseguono nei vari ambiti disciplinari, attraverso metodologie ed esperienze diverse, la comune finalità della conoscenza per la conservazione, innanzitutto materiale, del patrimonio culturale.

La questione è stata ancora più sentita perché, in solidale e proficua collaborazione con quella Soprintendenza archeologica, Pompei è stata ed è oggetto di attenzione e indagini da parte di docenti ed allievi (dottorandi, laureati, studenti) del settore archeologico con l’impiego delle attrezzature del Laboratorio grafico e fotografico della facoltà.

Gli interventi sul campo sono fin qui consistiti nel rilievo topografico e di dettaglio (cioè nell’analizzare e documentare muro per muro, centimetro per centimetro, dalle fondamenta agli alzati) e in elaborazioni grafiche e fotografiche di un complesso abitativo dell’area centrale della città campana: la domus Cornelia (insula IV, 15, nella regio VIII).

I risultati sono pubblicati in un apposito volume (autrici Chiara Dall’Armellina e Tiziana Mastracci) edito nella collana “Supplementi di Daidalos” dal Dipartimento di scienze del mondo antico.

Analoghi studi sugli edifici adiacenti sono in corso di completamento, mentre altri aspetti di quella straordinaria officina archeologica costituita dai resti dell’antica Pompei sono oggetto di studi “a tavolino” (su testimonianze epigrafiche e di cultura materiale).

Scopo delle documentazioni topografico-monumentali è stato quello di fornire un’affidabile base conoscitiva per la progettazione e l’esecuzione di interventi conservativi, di consolidamento e di restauro.

Il prevedibile crollo che dopo lunga gestazione si è ora verificato ha assunto quindi il sapore di una scandalosa sconfitta per chi crede nei valori della cultura e nella sua utilità, anche pratica, e si adopera per conservarli e trasmetterli alle generazioni future.

Un ulteriore senso di frustrazione sta derivando dall’indecoroso scarico di responsabilità, subito previsto e stigmatizzato dal presidente della Repubblica, accompagnato da striscianti avvisaglie di chi si appresta ad approfittare del danno e ad imporre costose programmazioni informatiche al posto di interventi concreti. Lo sciacallaggio che spesso accompagna le disgrazie del nostro Paese sa assumere forme e vesti diverse.

E’ ormai chiaro a tutti che non servono per Pompei progetti speciali e commissari straordinari (con le procedure “speciali” della Protezione civile), quanto il ripristino dell’ordinaria manutenzione e di un’efficiente gestione.

Non servono gli annunci e gli effetti speciali delle solite società che, forti di aderenze trasversali e sottogovernative, drenano i denari pubblici a scapito degli interventi ordinari.

Vanno risarciti i ruoli mancanti (archeologi, tecnici, restauratori, operai e custodi), cercando, doverosamente, di spezzare continuità dinastiche e clientelismi che probabilmente intersecano le radici con degenerazioni malavitose.

La gestione politica del Ministero dei Beni Culturali in questi ultimi decenni ha fatto ben poco o, addirittura, esautorando progressivamente la conduzione archeologica, ha finito per favorire oggettivamente tutto questo: i veri problemi sono rimasti oscurati e si sono ancora più incancreniti.

Nella ripresa di serio impegno l’Università della Tuscia può fare la sua parte con competenze, professionalità ed anche attrezzature, con i suoi archeologi e non solo con essi; vi sono competenze per la diagnostica e il restauro (si intervenne per gli affreschi di Assisi). Altre Università possono fare altrettanto e la Crui potrebbe anche rendersi utile.

Di fronte all’emergenza che inizia a manifestarsi, lasciando prevedere di peggio, va ritrovato il concreto spirito di rinascita e di collaborazione che ha caratterizzato alcune fasi costruttive della storia italiana, dagli interventi dell’Italia post-unitaria a quelli realizzati subito dopo il terremoto del 1980, in Irpinia, che colpì pesantemente anche Pompei.

Per questi ultimi, coordinati dalla Soprintendenza archeologica di Pompei intervenne l’Esercito con gli esperti del Genio (ingegneri, geometri e altri tecnici) insieme a molti archeologi delle Università italiane, operarono gruppi affiatati e si produsse un’accurata mappatura dei danni, delle caratteristiche costruttive e del rischio per le strutture murarie.

I danni prodotti da quel terremoto furono purtroppo cinicamente usati come base per creative rapacità politiche, con smembramenti di uffici di lunga tradizione operativa, creazioni di uffici speciali e di apposite direzioni generali per la gestione di fondi molto rilevanti.

I famigerati “giacimenti culturali”, che nulla hanno prodotto, nacquero dalla medesima logica di sfruttamento del patrimonio e di faraonici finanziamenti pubblici. Facciamo in modo che tutto ciò non abbia a ancora a ripetersi.

Piero Gianfrotta
per la facoltà di Conservazione dei Beni Culturali
(Università della Tuscia)


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