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L'angolo della psicologia
Anoressia mentale, i conflitti col proprio corpo
di Angelo Russo
Viterbo - 10 febbraio 2010 - ore 6,15

Angelo Russo
- Senti mamma da domani inizio a fare una dieta. La ragazza, non sembra mostrare dei chili di troppo, anzi l’aspetto generale è buono.

Ma la volontà della giovane è ferrea, a poco serve cercare di dissuaderla. La condotta, pur all’apparenza normale, assume alcune caratteristiche che all’occhio esperto fungono da campanello d’allarme.

La paura di ingrassare assume una forma sempre più maniacale accompagnata da manovre atte a “svuotare” il tubo digerente: vomito lassativi clisteri con relativi disturbi organici.

L’attività sia fisica che intellettuale sembra impennarsi con un crescendo di esercizi, la giovane pattina, danza, nuota, fa molto movimento, al contrario l’elasticità mentale e la creatività sembrano subire un processo involutivo.

L’amenorrea (assenza di mestruazioni) viene considerata solo un fatto episodico a cui dare poca importanza.

Nel giro di pochi mesi, dai tre ai sei, il dimagrimento assume proporzioni abbastanza vistose e, in alcuni casi, spettacolari. Il quadro clinico comincia ad essere abbastanza completo: siamo di fronte ad un caso di anoressia.

A volte a una persona molto magra si attribuisce, sbagliando, tale definizione; in realtà questa patologia ha tutte le caratteristiche per essere un disturbo mentale e infatti la definizione più moderna è anoressia mentale.

L’età dell’insorgere di questa condizione può variare dai 13 anni ai 25 anni, e colpisce con più frequenza le femmine, circa 10 ragazze per un ragazzo.

Oltre a quanto detto vi sono altre caratteristiche per meglio definire la diagnosi: le modificazione corporee della pubertà vengono negate oppure, possono essere, causa di impaccio, le attività sessuali ignorate, e nell’apprendimento scolastico l’utilizzazione mentale non avviene in forma adeguata. Il peso può diminuire, nei casi estremi, anche del 50%.

Le cause come spesso accade nei processi mentali, oggi più che ieri, vanno principalmente ricercate nell’ambito relazionale (interazione dei rapporti con le persone significative avvenute sin dalla nascita). Ma come in tutte le patologie bisogna prima escludere le componenti organiche.

In questo campo per la verità si sono fatte alcune ipotesi, e principalmente quella di una origine neuroendocrina.

Lo studio dell’anoressia mentale si è basato a lungo sull’amenorrea, dove agli esami clinici hanno evidenziato una insufficienza dell’asse ipotalamo ipofisario. Ma le ipotesi più accettate, anche se periodicamente ri-messe in discussione, vanno nella direzione della origine psicogena.

A tal proposito le varie ipotesi coinvolgono sia il rapporto madre bambino che l’intera coppia genitoriale. Le madri delle anoressiche vengono descritte come ansiose e ipocondriache. Ambiziose, utilizzerebbero la figlia come una valorizzazione narcisistica di se stesse, mostrano un eccessivo interesse per l’aspetto fisico, possono esser iperprotettive e tendenti a fare confusione tra esse e le figlie. I padri, I padri solitamente cordiali, sono spesso permissivi e intervengono poco nelle decisioni familiari.

Secondo un valido autore, Bruch, l’origine dell’anoressia sarebbe principalmente un disturbo della percezione dell’immagine del proprio corpo, con relativo disconoscimento dei bisogni ad esso legati. Tale disconoscimento sarebbe da imputarsi ad esperienze difettose del lattante che avrebbe ricevuto risposte non adeguate, caotiche o insufficienti alle proprie richieste.

Il bambino con apprendimenti sbagliati imparerebbe a rispondere ai bisogni della madre e non ai suoi.

La prevalenza di femmine nell’anoressia mentale è spiegata dal fatto che sembra peggiore l’adattamento fra la madre e il bambino-femmina che il maschio per quanto riguarda l’alimentazione.

La madre nell’alimentazione della femmina assume un atteggiamento più controllato e conflittuale rispetto a quello con i maschi. Secondo un altro autore, Brusset, nell’anoressia esiste un investimento narcisistico focalizzato sul corpo. Da una parte c’è il corpo idealizzato non fatto di carne, purificato ed indistruttibile sul quale si concentra il bisogno di controllo nell’ambito di una identificazione con l’immagine “fantasmica” dell’onnipotenza materna. Dall’altra parte c’è il corpo reale che diventa oggetto di negazione.

Questo paradosso diviene fonte di un forte squilibrio emotivo. L’ospedalizzazione e l’isolamento sono volte oltre che al recupero del peso, anche ad un’azione mirata ad individuare altri possibili interventi terapeutici. Le terapie psicologiche sono indirizzate, oltre che alla malata, anche a gruppi di genitori di anoressiche.

E’ utile considerare che spesso vi sono forme di anoressia (fortunatamente le più comuni) che pur presentando la totalità della sintomatologia, questa viene espressa in forma minore. Si verifica principalmente nella prima adolescenza, può sparire spontaneamente o dopo alcuni consigli del proprio medico.

Angelo Russo

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