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L'opinione di uno sporco comunista
Le quote azzurre e l’ipocrisia della politica
di Valerio De Nardo
Viterbo - 11 febbraio 2010 - ore 6,30

Valerio De Nardo
- So che esprimendo questa mia opinione farò risentire diversi esponenti del Pd, che considerano le scelte di quel partito una questione proprietaria (ma allora perché fanno le primarie per eleggere il segretario?). Ma so che anche qualche amica e qualche amico che ho tra i dirigenti di quel partito non gradiranno.

Eppure, a volte, credo sia necessario dire le cose che si pensano senza peli sulla lingua, anche se rapporti personali o un qualche calcolo politico-elettorale suggerirebbero il silenzio.

Ho letto il documento approvato dalla direzione del Pd viterbese sulle candidature di tre maschi per tre posti disponibili in lista per le elezioni regionali e sono rimasto basito. Provo, umilmente, a farne una analisi logico-politica.

“Tale indicazione va considerata nella sua interezza in quanto espressione di una sintesi unitaria che tiene conto di tutte le esperienze e le sensibilità più rappresentative del partito nella provincia di Viterbo e, quindi, vincolante. Le tre candidature non garantiscono la rappresentanza di genere che è un principio costitutivo del Partito Democratico, elemento fondamentale della sua costruzione”.

Da questo periodo si deduce che la rappresentanza di genere nelle candidature è, letteralmente, “principio costitutivo ed elemento fondamentale della costruzione del Pd”. In questo caso, però, esso non è “vincolante”, essendolo bensì la rappresentanza delle tre aree politiche del partito della Tuscia. Ma proseguiamo.

“Tuttavia, realisticamente, la rappresentanza delle donne potrà essere adeguatamente garantita attraverso il riequilibrio di genere da attuarsi nella composizione delle liste per le elezioni provinciali”.

Ossia la questione riguarda la rappresentanza di genere alle elezioni regionali, ma siccome, fortunatamente, nello stesso giorno si vota per il consiglio provinciale allora riequilibreremo lì. Ma il meglio deve ancora venire.

“Anzi, se la candidatura femminile nella lista regionale del Pd - seppur dovuta in virtù di una legge fortemente voluta dal centro sinistra - rischia di essere solo la testimonianza del rispetto delle quote, la presenza paritaria delle donne nei collegi uninominali provinciali rappresenta l’investimento politico per avere assemblee elettive ed un Partito che siano davvero luoghi di donne e di uomini”.

Ossia: il centrosinistra ha fortemente voluto che il principio di pari opportunità si affermasse attraverso la legge, che mediante lo strumento normativo si “forzasse” la sostanza di una politica segnata dal predominio maschile. Ma in questo caso quel principio di pari opportunità (così come quello di rappresentanza di genere) lo riversiamo sulle elezioni provinciali grazie alla fortuita coincidenza delle date elettorali.

Sarebbe forse opportuno che i militanti democratici (e magari anche gli elettori che hanno partecipato alle primarie versando la loro quota di partecipazione) sappiano che l’articolo 3 comma 2 della Legge Regionale del Lazio 13 Gennaio 2005, n. 2, che detta Disposizioni in materia di elezione del Presidente della Regione e del Consiglio, prevede che «in ogni gruppo di liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità più vicina.

I movimenti ed i partiti politici presentatori di liste che non abbiano rispettato la proporzione di cui al presente comma sono tenuti a versare alla Giunta regionale l’importo del rimborso per le spese elettorali di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157 fino ad un massimo della metà, in misura direttamente proporzionale al numero dei candidati in più rispetto a quello massimo consentito. Il Presidente della Regione determina con proprio decreto l’ammontare della somma».

Sarebbe a dire che, scientemente, il Pd viterbese ha deliberatamente deciso di disattendere non soltanto il proprio statuto, ma anche la legge elettorale, posta a presidio del principio di pari opportunità affermato dall’articolo 51 della Costituzione, accettando di pagare una sanzione pecuniaria per consentire la rappresentanza delle “esperienze e sensibilità” del partito piuttosto che quella di genere.

So che Sandro Mancinelli, persona con la quale ho avuto molti contrasti, ma al quale debbo riconoscere una “antica” fede nella nascita del partito democratico, ha commentato: «hanno pareggiato le correnti, ma ha perso il partito democratico». A me non pare che si sia scritta una bella pagina della politica dei democratici viterbesi.

Valerio De Nardo

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