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L'angolo della psicologia
L'oscuro mondo della pedofilia
di Angelo Russo
Viterbo - 17 febbraio 2010 - ore 2,15

Angelo Russo
- Non è azzardato affermare che il fenomeno della pedofilia, nel secolo scorso, sia stato oggetto di grande rimozione. Anche da parte degli operatori.

Trattare questo argomento, percepire questa realtà, racchiude da parte dell’adulto la capacità di accettare una responsabilità particolarmente scomoda e impegnativa: l’approccio con un disagio che in qualche modo può riattivare il disorientamento sessuale sperimentato in varie forme dall’adulto stesso nella propria infanzia o nella propria adolescenza.

Si può attivare una difesa: meglio evitare di percepire. La tipologia delle asserzioni che hanno accompagnato questo “non sentire” sono più o meno queste: “Non è possibile”, “non ci posso credere”, “non ci voglio credere” “ma dai… possibile che il papà (o il nonno) possa…”.

Anche se stiamo parlando di dinamiche, principalmente, inconsce la traduzione di queste frasi si potrebbe sintetizzare nel seguente modo: “Occhio non vede cuore non duole”.

Potremmo far risalire, circa, agli anni settanta la forte volontà da parte degli operatori del settore: (psichiatri, neuro psichiatri infantili, psicologi, assistenti sociali, forze dell’ordine, magistrati) di affrontare in modo strutturato e con approccio multidisciplinare il riconoscimento della tangibilità della violenza sessuale sui bambini. Per fortuna, oggi, il fenomeno è molto studiato ed esistono corsi e scuole specifiche per formare operatori di contrasto alla violenza sui minori.

Letteralmente pedofilia significa: amore rivolto ai bambini. Il più delle volte il pedofilo è eterosessuale, può essere sposato e padre di famiglia. La sua età non è facilmente individuabile, le fasce più a rischio risultano: l’adolescenza, tra i 35 e 40 anni e sopra i 50. Anche se è una patologia prevalentemente di sesso maschile, in forma minore si conoscono, pochi, casi di donne che hanno avuto ripetutamente rapporti con bambini.

Le cause psicologiche di questo fenomeno sono molteplici. Alcuni studiosi individuano il profilo più comune nel pedofilo dalla personalità immatura. Tali soggetti hanno difficoltà a sviluppare un rapporto interpersonale soddisfacente.

E’ molto più facile, per loro, considerarsi padroni della situazione con un bambino che affrontare la dura realtà del mondo adulto. In questi casi la giovane vittima conosce il molestatore. Il minore viene conquistato attraverso un vero e proprio corteggiamento che va dal racconto di storielle al gioco.

Questo è lo stralcio della storia di Francesca, 39 anni un figlio di 12 e un pessimo rapporto con il marito.

Avevo circa 6 anni. Non so come dirlo… fui trascinata in qualcosa di più grande di me, da un uomo al quale volevo molto bene e la fiducia nei suoi confronti era illimitata. Era il mio caro nonno. Una mattina mi svegliai con la febbre, i miei genitori dovendo andare entrambi a lavorare mi affidarono al nonno materno. Ricordo che stavo a letto, lui mi portò la pizza bianca della quale andavo matta.

Mi sedetti sul letto per mangiare. Iniziò a toccarmi prima a livello di carezze, diciamo normali, poi approfondì queste effusioni nelle parti più intime. Si svolse tutto a livello di manipolazione. Rimasi in silenzio, impietrita, non capivo cosa stesse accadendo. Forse il mio silenzio lo incoraggiò ad andare avanti.

Ogni volta che rimanevo sola con lui era sempre la stessa cosa: un giorno in cantina e un altro in campagna, dove andava a lavorare. Un giorno prese la mia manina per farsi toccare, chiusi il pugno tanto forte da farlo desistere. Non ci provò più. Sentivo che c’era qualcosa di sporco, ma la paura di parlare mi fece chiudere sempre più in me stessa.

Questa condizione di chiusura mi accompagna ancora oggi: diffido sempre degli altri, principalmente degli uomini,ovviamente. Purtroppo, e di questo sono molto rammaricata, quegli episodi influirono negativamente nel rapporto con mio padre, persino le sue carezze mi mettevano agitazione, anche se in questo caso erano di reale affetto.

Francesca dopo un anno di abusi trovò il coraggio di ribellarsi minacciando di dire tutto ai genitori. Questo fu sufficiente a far desistere l’abusante. Qualche tempo dopo il nonno morì e Francesca, per sua stessa ammissione, non ne soffrì affatto.

Di altra natura, rispetto a questo caso, è il pedofilo regressivo. Solitamente sviluppa il suo atteggiamento dopo aver avuto una vita sessuale normale. Improvvisamente inizia ad avvertire difficoltà a convivere con gli stress quotidiani per questo motivo può iniziare a bere e sperimentare un senso di inadeguatezza.

Il suo interesse sessuale per i bambini diventa una spinta interna impulsiva ed incontrollabile che viene agita soprattutto con giovani sconosciuti.

Più pericoloso, ma fortunatamente più raro è il pedofilo aggressivo. Il suo comportamento è di natura antisociale, è estremamente pericoloso e può far del male alle sue vittime. Nella maggior parte dei casi, lui stesso, è stato violentato da bambino.

Angelo Russo

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