La casa in cui Marcella Rizzello abitava col suo compagno

La bara di Marcella portata a spalla, dopo i funerali

Marcella Rizzello con il compagno Francesco Vincenzi e la piccola Giada

- Il dna dell'assassino sotto le unghie di Marcella.

Frammenti di pelle. Piccolissimi. Ma che basterebbero a individuare il dna dell'assassino di Marcella Rizzello, la trentenne di Civita Castellana uccisa mercoledì scorso.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, infatti, la giovane donna potrebbe aver graffiato il suo assassino.

Marcella non si sarebbe arresa subito alla furia omicida del suo aggressore. Tra i due ci sarebbe stata una colluttazione di alcuni minuti, durante la quale la giovane donna avrebbe tentato con tutte le sue forze di opporre resistenza. Magari graffiandolo e procurandogli delle ferite con le sue unghie.

Un'ipotesi che è già da qualche giorno al vaglio dei carabinieri. E che li ha spinti alla ricerca di persone con lesioni sospette, presenti al funerale di Marcella.

Nella chiesa, gli investigatori hanno piazzato una serie di telecamere, per identificare i partecipanti e cercare, tra loro, l'omicida.

Diversi gli elementi che portano gli inquirenti a pensare che l'aggressore sia un amico o un parente di Marcella.

Innanzitutto il fatto che sulla porta di casa non siano stati trovati segni di scasso. Inoltre, dalle deposizioni dei vicini di casa della donna, risulterebbe che il pastore tedesco in giardino non abbia abbaiato neppure per un secondo.

Segno evidente che la persona che si è introdotta in casa frequentava abitualmente Marcella e il compagno Francesco.

E la violenza con cui la donna è stata uccisa, spinge a ritenere che l'assassino conoscesse bene Marcella.

Che fosse adirato con lei, al punto da decidere di "punirla" in modo tanto definitivo, quanto crudele: piantandole un coltello alla gola davanti alla sua bimba di 14 mesi.