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Mafia - Due in più della precedente sentenza di primo grado
Cuffaro condannato a sette anni in appello
Viterbo - 23 gennaio 2010 - ore 12,45

Salvatore Cuffaro
- Cuffaro condannato a sette anni in appello.

Favoreggiamento aggravato dall'avere agevolato la mafia e rivelazione di segreto istruttorio.

Questo il reato contestato in appello a Salvatore Cuffaro. Reato per il quale l'ex governatore della Regione Sicilia è stato condannato a sette anni in appello, due più del primo grado, nel 2008, quando era stata esclusa l'aggravante mafiosa.

Per lui, l'accusa aveva chiesto una condanna a otto anni.

Per quanto riguarda gli altri imputati, coinvolti nell'inchiesta sulle talpe della Dda (Direzione distrettuale antimafia), Giorgio Riolo è stato condannato a otto anni (riconosciuto il concorso esterno e non più il favoreggiamento aggravato) e Michele Aiello a 15 anni e sette mesi.

Cuffaro ha detto ai giornalisti di essere tranquillo. "Comunque sarebbe andata - ha dichiarato Cuffaro - avrei rispettato la sentenza con serenità, come ho fatto anche in primo grado. So di non essere mafioso e di non avere mai favorito la mafia. Avverto la pesantezza di questa sentenza, che però non modifica il mio percorso politico" ha concluso il senatore Udc.

Secondo l'accusa, Cuffaro sarebbe responsabile del reato di violazione del segreto istruttorio. In particolare avrebbe detto al boss di Brancaccio, il medico Giuseppe Guttadauro, attraverso un suo amico ed ex assessore comunale Udc alla sanità, Domenico Miceli (condannato a otto anni), che in casa del boss erano state installate microspie, facendo saltare l'inchiesta.

Cuffaro avrebbe appreso dall'ex maresciallo dei carabinieri, Antonio Borzacchelli, poi eletto deputato regionale, dell'esistenza di microspie sistemate dagli investigatori del Ros nell'abitazione di Guttadauro.

La procura, inoltre, accusa Cuffaro di essersi incontrato nel retrobottega di un negozio di Bagheria con Michele Aiello, imputato nello stesso processo con l'accusa di associazione mafiosa e ritenuto un prestanome del boss Bernardo Provenzano.

A questo proposito, Cuffaro si è sempre giustificato dicendo che l'incontro con Aiello riguardava il tariffario regionale, in quanto Aiello all'epoca era proprietario di una clinica di Bagheria all'avanguardia per la cura dei tumori.

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