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Giorno della memoria - Scrivono i Giovani democratici di Viterbo
Ricordare affinché la storia non si ripeta
Viterbo - 26 gennaio 2010 - ore 19,00

Riceviamo e pubblichiamo -
La legge n. 211 del 20 luglio del 2000 definisce così nel I articolo le finalità del giorno della Memoria:

"La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz , "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi , si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati".

Parole lapidarie, fredde, efficaci, capaci di rievocare alla mente, anche alla più distratta, scenari luttuosi e nefasti.

Come si può pensare che qualcuno abbia in qualche modo legittimato l’esistenza di una autorità alla quale venisse riconosciuto il diritto di vita e di morte su un altro individuo, su un altro popolo.

A pensarci adesso potrebbe sembrare una cosa assurda, ma in realtà è storia; storia se vogliamo non così lontana dai nostri giorni, storia che si era già manifestata precedentemente ad esempio con l’olocausto armeno ad opera dei turchi prima nel 1894, poi durante la prima guerra mondiale; storia che si è ripetuta non molto tempo fa, a partire dal 1994 in Cecenia dove singole formazioni militari coordinate dal governo e controllate dalle autorità supreme russe decisero di cancellare la sovranità del popolo ceceno e realizzare il suo genocidio mascherando lo sterminio del popolo con termini meno duri da accettare, dove a genocidio ceceno si sostituiva "La soluzione definitiva della questione cecena" e a campo di Concentramento di sostituiva: "punto di filtrazione".

Questa stessa storia, si sta ripetendo ora in Iran, dove un totalitarismo sta facendo scoppiare un altro genocidio: la guerra civile.

Nel giorno della memoria, sforziamoci di rendere omaggio ad ogni morte ingiusta, non esistono morti di serie b solo perché non se sente parlare, ogni genocidio è una guerra civile , ogni totalitarismo, sfocia in genocidio.

Ma cos’è vivere o meglio sopravvivere ogni giorno con la certezza che magari domani o dopodomani al più tardi saremo corpi freddi, anonimi, concime per la terra soltanto perché qualcuno ha deciso che questo o quel nostro carattere è sbagliato, è immorale è da debellare.

Noi questo non lo sappiamo, ma loro lo hanno conosciuto e non dobbiamo lavarci gli occhi di quel che è stato, le loro vite interrotte troppo in fretta per un vizio assurdo o meglio per un delirio di onnipotenza, devono continuare a vivere,nei ricordi, nei discorsi, nella storia,nella nostra quotidianità. Non deve cadere tutto nel dimenticatoio sotto l’etichetta “passato”.

La storia, per quanto dolorosa sia, deve insegnarci a non ricadere negli stessi errori, ma per una nostra dimenticanza o per degli innati paraocchi di cui tutti noi siamo dotati prendiamo sotto gamba il fatto che questo è già stato e quello è già accaduto sappiamo come andrà a finire non sarà come accadde quella volta insomma su invece no sarà sempre in quel modo; purtroppo la storia torna, tornerà sempre, si ripete, magari cambiano i ruoli, si inverte la vittima con il carnefice, cambiano le cause, ma la guerra è sempre la stessa, è sempre morte, dolore, disperazione, le motivazioni sempre le più varie, odio razziale, religione, giacimenti di petrolio, estensioni territoriali, ma tutti nel farla scattare hanno ben presente la causa ma trascurano l’effetto, il bene materiale ma non quello spirituale.

Ieri, era genocido degli Armeni, era Shoah e antisemitismo in Europa, poco fa era genocidio Ceceno, genocidio in Ruanda, oggi è olocausto, antisemitismo a Gaza, guerra civile in Iran. Cambiano i ruoli, immutati gli intenti.

E noi uomini? Ce lo siamo scordati vero mascalzoni, che siamo tutti uguali? Non ci facciamo caso che ogni morto è uguale a noi e che potremmo essere esattamente noi, qui comodamente seduti, tranquilli accomodati, al posto di quel bambino che stava andando a scuola in autobus ed è morto perché l’uomo seduto accanto a lui era imbottito di tritolo e si è fatto esplodere, o al posto di quella donna, quella lì, insomma una delle tante strappate alla vita dopo essere stata usata come cavia umana per la "sperimentazione" medica a Ravensbruk, o al posto di Anna Politkovskaja uccisa perché sulla Cecenia aveva scoperto troppo , o al posto di quell’uomo che giaceva a terra a Gaza perché qualcuno ha deciso di riprendersi qualcosa che non gli spetta con la forza?

Battiamoci prima di tutto per il rispetto dei diritti umani, siano essi i nostri o di un altro popolo, differenziamoci dalle bestie, adoperiamo in modo savio il nostro libero arbitrio!

Queste parole sono solo vento, ma scolpiamole bene nella nostra mente che il giorno della memoria non è come Natale, una volta l’anno e sempre di 25, ogni giorno per noi deve essere 27 gennaio.

Riporto qui di seguito in conclusione un breve passo di Cesare Pavese tratto da “La casa in collina”, romanzo a mio avviso illuminante scritto durante la seconda guerra mondiale:

“Se un ignoto,un nemico, diventa morendo una cosa simile,se ci arresta e si ha paura a scavalcarlo, vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno,che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo,dare una voce a questo sangue,giustificare chi l’ha sparso. Guardare certi morti è umiliante. Non sono più faccenda altrui; non ci si sente capitati sul posto per caso! Si ha l’impressione che lo stesso destino che ha messo a terra quei corpi, tenga noialtri inchiodati lì a vederli, a riempircene gli occhi. Non è paura, non è sola viltà. Ci si sente umiliati perché si capisce, si tocca con gli occhi,che al posto del morto potremmo esserci noi: non ci sarebbe alcuna differenza, e se viviamo lo dobbiamo al cadavere imbrattato. Per questo ogni guerra è guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta,e gliene chiede ragione.

Ora che ho visto cos’è la guerra, cos’è la guerra civile, so che tutti se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: E dei caduti che ne facciamo? Perché sono morti? Io non saprei, cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero.”

Federazione Provinciale Giovani democratici Viterbo.

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