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Il sottoscala di Sassi
Facciamo le primarie per le regionali
di Arnaldo Sassi
Viterbo - 26 gennaio 2010 - ore 4,10

Arnaldo Sassi
- Non è stata una sorpresa. Anzi. Lo dico come l’ultimo degli iscritti del Pd, quel partito che avrebbe dovuto farci sognare proponendo un nuovo modo di fare politica; e che invece sta reiterando sempre più quelle vecchie logiche di potere che allontanano le persone dalla politica e che spesso le fanno pure incazzare.

La vittoria di Nichi Vendola in Puglia ha dimostrato sostanzialmente due cose: la prima, vista la grande affluenza al voto, che la base del partito c’è e ha tanta voglia di partecipare; la seconda, che questa classe dirigente non è all’altezza di chi la vota, perché non è in grado di ascoltare, ma pensa di poter far tutto e il contrario di tutto, tanto il popolo bue alla fine obbedisce.

Così non è, e sarebbe bene che chi sta nelle stanze dei bottoni cominciasse a prenderne atto. Altrimenti, l’alternativa a Berlusconi potranno vederla, se va bene, i nostri pronipoti.

Lo dico perché, dopo un avvio incoraggiante (continuo a ritenere che il risultato delle politiche 2008, ottenuto in condizioni di estrema criticità per come s’era disintegrato il governo Prodi poteva essere considerato un buon punto di partenza), il partito ha fatto come il gambero, camminando sempre più all’indietro, piuttosto che andare avanti. E oggi si può dire che il problema non era la leadership. I suonatori sono cambiati, ma la musica è sempre la stessa.

In Puglia i grandi strateghi hanno fatto fiasco e – da quel che si può intuire – nella Tuscia si rischia di commettere gli stessi errori. Mi riferisco alla ricandidatura alla Pisana di Giuseppe Parroncini, che in queste ore viene messa in dubbio, non perché qualcuno abbia qualcosa da ridire sul suo operato (anzi…), ma solo perché si vuole pervicacemente perseguire la politica dell’orticello e del nepotismo.

Quella stessa politica che ha portato Alessandro Mazzoli alla segreteria regionale del partito, esponendolo a una serie di figuracce che gli potevano essere tranquillamente risparmiate (prima fra tutte il commissariamento nelle trattative per la Regione, condotte da Nicola Zingaretti).

Ora Parroncini potrebbe rimanere a casa solo ed esclusivamente per un gioco di potere. I bersaniani (leggi Ugo Sposetti) vogliono candidare Enrico Panunzi, mentre l’area popolare (leggi Beppe Fioroni) non può rinunciare alla candidatura di Angelo Cappelli.

Ovviamente, in questa scelta meriti e demeriti non c’entrano.

Premesso che, sia Panunzi che Cappelli sono due ottime persone, la bestemmia politica è che vengono preferiti i due solo perché rispondono ai criteri dei rispettivi big. E Parroncini deve quindi diventare la vittima sacrificale di una logica di potere fine a se stessa.

Insomma, tanto per essere chiari, qui non sono in discussione le persone, ma la logica e i criteri con cui si fanno le scelte. E se la regola dei due mandati deve essere rispettata, deve valere per tutti. Nessuno escluso.

Altrimenti siamo alle barzellette. Altrimenti diventa comico perfino definire Berlusconi come il monarca del Pdl, se poi nel Pd c'è un'oligarchia che fa il bello e il cattivo tempo.
E allora: di tutto ciò, cosa ne pensa la base? Qualcuno se l’è chiesto? Qualcuno lo ha chiesto? Qualcuno si è posto il problema di capire se questa logica può essere condivisa da chi va poi a votare? A me – lo dico come parere personalissimo – fa ribrezzo. A prescindere dalle persone.

Io non ci sto. E voglio gridarlo a voce alta. E vorrei capire se c’è qualcuno (e quanti sono) che la pensa come me.

E allora dico: perché non facciamo le primarie anche per le candidature alla Pisana? Di fronte a una scelta che viene dalla base, non avrei più alcuna difficoltà a condividerla, a prescindere dal vincitore. Ma così no.

In assenza di primarie e con candidature pensate badando solo alla logica dell’orticello, posso anticipare fin da oggi che non voterò per il Pd. Parola dell’ultimo degli iscritti. Che oltretutto è anche un provinciale.

Arnaldo Sassi

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