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L'opinione del sociologo Mattioli
Web 2.0, il vicolo cede all'agorà
di Francesco Mattioli
Viterbo - 10 giugno 2010 - ore 3,20

Francesco Mattioli
- Approfitto del rigoglio di iniziative mediatiche che si vanno succedendo a Viterbo – e altre ne sono annunciate – per qualche riflessione sui media, e in particolare sul rapporto che si va stabilendo tra i giovani e i media di seconda generazione, quelli interattivi del cosiddetto ambiente 2.0.

Numerose ricerche stanno a dimostrare che il mondo del 2.0 è governato dagli under 30, e che gli over 30, che pure ne fanno uso sempre più ampio, costituiscono delle minoranze attive, qualitativamente agguerrite ma quantitativamente scarse.

Lo scambio interattivo consentito dai new media, insomma, ha una dimensione generazionale, e prefigura un tipo di società immediatamente futura caratterizzata da un diverso modo di comunicare e di concepire la comunicazione: spazio, tempo e sequenzialità, come già aveva notato Anthony Giddens dieci anni fa (e quindi ancora nell’era 1.0), vengono infatti compressi, stravolti, perdono la loro valenza originaria di condizioni e di contesto della comunicazione per divenire variabili soggettive ed opportunità qualitative.

La relazione interpersonale è stata per molto tempo concepita come una relazione binaria, i cui si verificava un reciproco approfondimento del rapporto e la creazione di una interlocuzione privilegiata, specializzata ed esclusiva.

La relazione epistolare, stroncata progressivamente dalle e-mail a partire dagli anni ’90 è stata la prima vittima: gli “amici di penna” hanno fatto la fine della carota viterbese.

Ma la seconda vittima è stata la relazione binaria.

In effetti, il mondo del 2.0 non è solo interattivo, ma di fatto è comiziale: i confini dell’uditorio possono essere modificati, alterati, trasformati, e questo peraltro rende affascinante l’idea di potersi rivolgere a tutti, di raggiungere anche le estremità di una rete che appare infinita, persino difficile da concepire.

E’ la rete, infatti, il milieu entro cui nasce e si evolve la comunicazione e questo produce una nuova logica comunicazionale: non più il privilegio della “comunione di intese” tra due singoli interlocutori, ma il brivido eccitante di potersi porre su un proscenio e far cadere le proprie parole, a pioggia, su tutto l’universo degli ascoltatori.

Con Facebook e Myspace cerchi vecchi conoscenti sperduti in una zoppicante memoria, costruisci e decostruisci gruppi, amicizie, ambienti sociali; con Farmville informi una comunità senza limiti di aver raccolto le tue zucchine virtuali, aspettando di ricevere complimenti, proposte d’aiuto, suggerimenti; con Flikr entri in un consesso infinito di immagini; persino Wikipedia ti permette di aggiornare le tue conoscenze e di giocartele alla roulette della cultura, della scienza e del voyeurismo a buon mercato; con Second Life ti costruisci un avatar migliore e vincente; con Youtube puoi essere regista, giornalista o grande comunicatore.

In tutti questi casi, si perde il discorso “a quattr’occhi” a favore di un dialogo plurale, il vicolo cede il posto all’agorà; anche se il rischio è quello di parlare prevalentemente “a”, piuttosto che “con”, perché lo stesso dialogo tra due finisce per essere concepito, costruito e vissuto nella prospettiva di un uditorio potenzialmente indefinito.

Le nuove tecnologie hanno saputo rispondere anche alle critiche primordiali, quelle che accusavano le chat-lines di essere impersonali, equivoche, astratte: oggi infatti una webcam ti riporta al face-to-face di una volta, pur se mediato da uno schermo.

Il paradosso tuttavia è dietro l’angolo. Molti giovani, anche se sono i principali utenti, anzi potremmo dire i principali “costruttori”, dell’ambiente 2.0, mostrano qualche perplessità e qualche dubbio sulle potenzialità e sulle prospettive dei newmedia.

Le stesse indagini che li vedono protagonisti del cambiamento (alcune in corso di realizzazione anche a Viterbo) stanno a dimostrare una crescente diffidenza, una certa preoccupazione di non diventare webdipendenti, un tentativo sempre più coraggioso di sapersi “fermare” ai soli momenti di reale utilità dell’ambiente 2.0, senza caderne schiavi.

Non si pensi che i giovani stiano solo a smanettare ciecamente nel web: lo sanno usare, ne traggono benefici nello studio, nel lavoro, nella conoscenza.

Nei giovani e sempre più numerosi utenti - anzi “attori” - dei nuovi media emerge la consapevolezza che lavorando nel 2.0 si parla inevitabilmente un’altra lingua e si esprime un’altra dimensione socioculturale, quasi certamente quelle del futuro, da apprendere e gestire con serena e saggia attenzione.

Un atteggiamento che in ogni caso appare più maturo di quello manifestato da quanti, di fronte ai media interattivi, fanno un balzo indietro - un indietro che non è solo fisico, ma anche temporale e culturale - gridando al complotto, allo scandalo, alla fine dei ben tempi andati.

Francesco Mattioli
Professore ordinario di sociologia nella Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università “Sapienza” di Roma


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