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Il sottoscala di Arnado Sassi - Inchiesta mense
Ecco cosa si prova a essere intercettati
di Arnaldo Sassi
Viterbo - 11 giugno 2010 - ore 3,00

Arnaldo Sassi
- Sono stato intercettato. Qualche sospetto lo avevo sempre avuto, ma la certezza è arrivata pochi giorni or sono, quando sono stati pubblicati i retroscena telefonici del caso mense.

Sono stato intercettato e, devo dire, rileggere a distanza di tre anni ciò che avevo detto in un paio di telefonate (con Anna Telesco, all’epoca titolare della Euroservice catering, la ditta che gestiva le mense scolastiche del capoluogo) non mi ha dato alcun fastidio. Anzi, lo devo ammettere, mi ha divertito.

Perché, se proprio vogliamo dirla tutta, da quelle telefonate si evince una cosa sola (che avrebbe dovuto essere chiara a tutti, ma per molti non lo fu): che l’inchiesta giornalistica condotta all’epoca dal Messaggero sullo scandalo delle mense viterbesi non fu preordinata da nessuno e non aveva né secondi, né terzi fini, ma fu realizzata soprattutto per portare alla luce una certa politica di cui ci si doveva liberare.

Ho trovato infatti molto divertente leggere che l’assessore Mauro Rotelli sospettava che il sottoscritto fosse andato alla Euroservice Catering a intervistare alcuni dipendenti mandato dalla Telesco, con lo scopo di incastrarlo.

Mi sono divertito perché subito dopo c’è una telefonata tra me e la Telesco in cui quest’ultima si lamenta dello stesso fatto, dicendomi che non dovevo andare in sua assenza e che questo poteva fare il gioco di Rotelli.

E allora? La conclusione è semplice: nessuna delle due ipotesi pensate allora dai due protagonisti aveva un fondo di verità. Anzi, ricordo bene che andai a fare quelle interviste sapendo che l’imprenditrice non era a Viterbo perché volevo avere dai dipendenti il massimo possibile della sincerità da parte loro, senza alcun condizionamento. Insomma, agii di testa mia e non su mandato di qualcuno. E le intercettazioni lo dimostrano.

Seconda telefonata, anche questa divertentissima. Anna Telesco si lamenta col sottoscritto perché Il Messaggero ha pubblicato la notizia che lei è andata in Procura e a lei questo dà fastidio. Dice infatti che “non può più camminare per Viterbo” e io replico che il giornale ha scritto la verità.

Di più: la Telesco mi chiede se ho notizie dell’inchiesta giudiziaria in corso in Procura e io replico con una battuta: “quelli so’ peggio del muro di Berlino” per significarle che da parte degli inquirenti c’è un riserbo assoluto. Infatti, tutte le notizie pubblicate all’epoca dal giornale furono frutto di indagine giornalistica e non (come qualcuno ha tentato invano di far credere) di “soffiate” da parte degli inquirenti.

Bene. Ho deciso di fare queste brevi riflessioni su questa mia esperienza personale proprio perché in questi giorni è in dirittura d’arrivo il disegno di legge sulle intercettazioni voluto dal Governo Berlusconi, che tende essenzialmente a limitare la capacità investigativa degli inquirenti su reati che non sono da poco (la corruzione e la concussione, ad esempio, si possono scoprire soprattutto con questo tipo di strumento), in nome del diritto alla privacy.

Ebbene, io dico che a me essere stato intercettato non ha dato alcun fastidio. Anzi, in un certo senso mi ha giovato, perché ha dimostrato la mia assoluta correttezza in una vicenda in cui di strumentalizzazioni e di dietrologie ce ne sono state a iosa. La morale? Se uno non ha nulla da nascondere, non ha neanche nulla da temere. E ben vengano le intercettazioni se servono a scoprire irregolarità.

Piuttosto - e qui qualche responsabilità i giornalisti ce l’hanno – il problema si pone sulla pubblicazione, laddove spesso è accaduto e accade che si mettano in piazza fatti privati di singole persone che nulla hanno a che vedere con un’inchiesta giudiziaria in corso.

Purtroppo, la voglia di scoop a tutti i costi è stata cattiva consigliera e ha spinto a eccessi, usati da questa maggioranza parlamentare per poter costruire una legge a proprio uso e consumo. E allora? E allora basterebbe separare diligentemente il grano dal loglio per poter salvare la privacy da un lato e la capacità investigativa nonché il diritto di sapere dall’altro.

Con un minimo di buon senso e di buona volontà (anche da parte della stampa) ci si potrebbe arrivare. Invece l’Italia si appresta ad approvare una legge che favorirà soprattutto una categoria di persone: quelle disoneste.

Arnaldo Sassi


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