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L'angolo della psicologia
L'insuccesso nelle relazioni amorose
di Angelo Russo
Viterbo - 30 giugno 2010 - ore 13,15

Angelo Russo
- Un esempio storico: Giacomo Leopardi.

“Si ama solamente ciò in cui si persegue
qualcosa d’inaccessibile, quel che non si possiede.” (M.Proust, La prigioniera)

Nell’introduzione del suo libro, “Riti e Miti della seduzione” ( Bompiani 1994), Aldo Carotenuto scrive: “La seduzione è qualcosa di più di un’esperienza saltuaria nella nostra vita sentimentale, esercitata o subita, è una costante della nostra intera esistenza, la trama stessa del nostro entrare in contatto, in sintonia, col mondo”.

Chi è capace di sedurre, non c’è che dire, affascina. E’ indicativa una frase di Stefan Zweig: “nessun uomo che sia un vero uomo può leggere le Memorie di Casanova per alcune ore senza provare un sentimento d’invidia”. E’ facile scrivere di seduzione, gli esempi sono tanti e appartenenti a tutti i periodi storici. La letteratura ne è piena.

Diversa è la storia del rovescio della medaglia: gli insuccessi nelle relazioni amorose. La letteratura ne parla molto meno, si tende a rimuoverli, a ritenere che non sono interessanti per chi legge o in ogni caso argomenti da non esaltare.

In chiave psicologica, al contrario, conoscere le dinamiche legate alle innumerevoli frustrazioni della vita può diventare un aiuto alla comprensione delle varie sfaccettature della personalità.

Ed è proprio in questo contesto che s’inserisce l’argomento che stiamo trattando, prendendo spunto dalla vita e gli incontri importanti con l’altro sesso di uno tra i più grandi poeti italiani: Giacomo Leopardi.

“Sono un tronco che sente e pena”. Così scrisse il poeta, in una dedica, ai suoi amici della Toscana nel 1830. La frase esprime molto bene lo stato di Leopardi, un uomo pieno di sentimenti e di dolori, abbruttito dalla malattia e dalle disgrazie. Nonostante lo sgradevole aspetto fisico, il giovane studioso di Recanati, contrapponeva una bellezza interiore straordinaria.

Nonostante ciò, non trovò mai una donna con cui dividere la sua breve esistenza. Morì a solo 39 anni. Osservando la vita sentimentale del poeta in una prospettiva Junghiana è possibile ipotizzare alcune probabili cause dell’insuccesso sentimentale.

Al primo posto il rapporto con la madre: Adelaide Antici, pur essendo una donna leale e laboriosa, severamente cattolica donava elemosine ai poveri e aiutava i malati e gli anziani, aveva un carattere molto duro. Nonostante sembrasse l’ideale come moglie e madre, le mancavano alcune importanti caratteristiche essenziali verso la famiglia: l’amore, il calore, la tenerezza.

Secondo lei bisognava tenere i figli ad una certa distanza. Il piccolo Giacomo visse in questo contesto relazionale maturando sentimenti ambivalenti nei confronti del gentil sesso. Probabilmente non avere una buona relazione con la madre ebbe un’influenza negativa sul giovane Giacomo. La prima donna di cui Leopardi s’innamorò fu Geltrude Cassi Lazzari, sua cugina. Poi seguirono Teresa: la “Silvia” della famosa poesia e Fanny Targioni Tozzetti, descritta in Aspasia. Amori mai agiti, lontananze sofferte, delusioni.

Secondo le teorie Junghiane, in questi casi “l’anima” (la parte femminile nell’uomo) si manifesta con irritabilità, depressione, mancanza di sicurezza, incertezza e permalosità. L’uomo tenderà a sentirsi una nullità, sperimentare un’esagerata paura di malattie e disgrazie, e vivere la vita con pesantezza e varie forme di negatività.

Molte di queste caratteristiche le troviamo in Leopardi: la nullità, la noia, l’avverso destino crudele e la natura matrigna e cattiva. A causa della mancanza d’affetto materno, l’anima, per Leopardi, diventa un simbolo dell’amore irreale, del sogno impossibile di felicità e di calore materno. Leopardi cerca nel sogno quello che gli manca nella vita reale.

E quando conosce una donna, quando si innamora, fa una proiezione dell’anima propria sulla donna. Invece di vedere la donna com’è, crea intorno a lei delle fantasie e costruisce una donna idealizzata, che non esiste. S’innamora dell’idea amorosa che è dentro di sé, quell’immagine perfetta, di cui parla nella “Aspasia”, e in altre parole la sua parte femminile, la sua anima.

Purtroppo tali innamoramenti sono destinati a fallire: appena svegliati dal sogno appare la donna reale e l’incanto cade. Non è la donna ad essere amata ma quelle fantasie e qualità create intorno a Lei.

“…Ora, però, l’ idea, che io amai tanto, di Aspasia è morta. E' morta per sempre, e di tanto in tanto mi suole ritornare e scomparire la sua sbiadita immagine. Tu, invece, Aspasia reale vivi e sei sempre tento bella che superi tutte le altre. La passione che era nata per te è morta: perché io amai non te, ma l'idea della bellezza che ha ancora via nel mio cuore, mentre il mio cuore è diventato un sepolcro per te…” (da Aspasia di G. Leopardi).

Angelo Russo


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