- Giro d’Italia, se ne riparla il 27 ottobre.
Si è svolta ieri mattina la prima udienza del processo Giro d’Italia, dal nome della maxioperazione che, cinque anni fa, smantellò un traffico illecito di rifiuti con destinazione Viterbo.
15 i rinviati a giudizio, accusati di aver dato vita a un’organizzazione che, dopo aver fatto giungere tonnellate di rifiuti dal Veneto, dal Friuli, dalla Toscana e dalla Lombardia, li smaltiva illecitamente nelle cave del Viterbese.
La difesa degli imputati ha chiesto l’annullamento dei decreti autorizzativi delle intercettazioni che, a detta dei legali, non sarebbero sufficientemente motivate. In particolare, secondo la difesa, il gip che, a suo tempo, autorizzò le intercettazioni non spiegò né perché fossero indispensabili, né perché non potessero essere usati altri strumenti di indagine.
Su questo punto, il giudice Eugenio Turco si è riservato la decisione, concedendo al pm Stefano D’Arma sedici giorni di tempo per produrre i decreti autorizzativi e i risultati delle analisi eseguite durante le indagini.
Gli avvocati difensori degli imputati hanno, inoltre, chiesto l’inammissibilità della costituzione di parte civile di alcune persone offese (respinta dal giudice) e l’inutilizzabilità di alcune campionature eseguite in fase di indagini nelle cave di Vetralla, Capranica e Castel Sant’Elia. È qui che sarebbero stati stoccati illegalmente i rifiuti, per un giro d’affari di almeno due milioni e mezzo di euro.
Alla fine, il giudice Turco ha aggiornato la seduta al 27 ottobre 2010, per sentire i testimoni dell’accusa.
Presenti in aula, ieri mattina, anche Lorenzo Parlati e Pieranna Falasca, presidenti di Legambiente Lazio e Legambiente Viterbo.
L’associazione ambientalista si costituì da subito parte civile, assistita dal legale Ada Manganello. Dopo la morte dell’avvocatessa, avvenuta il mese scorso, l’incarico è stato affidato a Giuseppe Pierdomenico, del foro di Viterbo.
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