:::::
   
Logo TusciaWeb Tutto low cost
Archivi | Mailing | Contatti | Primo | Provincia | Roma Nord | Lazio | Sport | Flash | Forum |Dossier | Corriere2000|
Tutto viaggi


Viterbo - Federica Di Gion sulla tragedia in Afghanistan
"Non chiamiamoli eroi, ma diciamogli grazie"
Viterbo - 17 maggio 2010 - ore 17,45


Riceviamo e pubblichiamo - Questa mattina l’Italia tutta è stata svegliata da una notizia dolorosa, che ha colpito e che colpisce dritto al cuore.

Abbiamo perso due dei nostri fratelli, due nuovi protagonisti di cui, per qualche giorno, tutti i giornali ed i Tg parleranno. L’Esercito Italiano piange di nuovo due suoi “figli” e le famiglie dei caduti, quelle, piangeranno per sempre.

La mia è la voce di chi la divisa e una sacca sempre pronta a partire per le missioni in Italia e all’estero l’ha viste fin da quando è nata. Mio padre, ufficiale e pilota dell’Aves, Aviazione dell’Esercito e Caso della Missione in Libano, ha trascorso, come tanti suoi colleghi, Natali e Compleanni distanti da casa, in territori a rischio.

Ero piccola e a scuola, ho visto piangere alcuni miei compagni di scuola i cui padri avevano perso la vita in missione. Ero giovane e ho pianto vedendo mio padre e i suoi colleghi dare commossi l’ultimo addio alle salme rientrate dall’estero.

Le salme, tutto ciò che resta alle famiglie delle vittime. So cosa significa vederli partire con la loro divisa, sorridenti e fieri, andando incontro a qualsiasi destino, anche a quello terribile di non tornare più. So cosa significa vedere il proprio padre allontanarsi, con la paura nel cuore di non rivederlo più, di non riabbracciarlo e so cosa significa, quando si è bambini, guardare la propria madre nascondere egregiamente e dignitosamente la preoccupazione della consapevolezza di ciò che può succedere.

Sono stata fortunata perché, a differenza di tanti altri suoi colleghi, mio padre è sempre tornato e come molti altri suoi colleghi, nelle missioni e nel suo lavoro di tutti i giorni ha dato tanto a questo Paese, a quelle missioni, a quei popoli da salvare ma, per fortuna non la sua vita.

C’è chi invece oggi la sua vita l’ha data in nome della pace, della democrazia, di altri esseri umani che sono stranieri ma che sono comunque figli, fratelli, mariti e padri.

A nome di tutti i figli dei soldati dell’Esercito Italiano che servono quotidianamente il Nostro Paese, voglio dire grazie a tutti loro, a tutti coloro che sono ancora vivi ma che sapevano che sarebbero potuti morire e a tutti quelli che sono morti.

Grazie perché ci insegnano fin da bambini a guardare avanti senza paura, grazie perchè ci insegnano a combattere le difficoltà della vita, perché ci insegnano ad aiutare gli altri, portando sorriso, aiuto e libertà a chi ne ha bisogno. Grazie perché ci hanno dato e ci danno l’orgoglio di essere ciò che siamo, con o senza una medaglia.

Alle famiglie di tutti i caduti italiani ed in particolare del Sergente Massmiliano Ramadù e del Caporalmaggiore Luigi Pascazio va tutta la mia simpatia e comprensione. Una sola cosa può alleviare il dolore delle loro famiglie, la vicinanza dello Stato, del Paese, della gente comune.

Non chiamiamoli eroi, anche se lo sono, piuttosto diciamo loro grazie, nel solo modo utile, non dimentichiamoci di loro e delle loro famiglie.

Federica Di Gion
Figlia di un Ufficiale-Pilota dell’Esercito Italiano Base Aves


Copyright 2010 TusciaWeb - Chi siamo

Condividi