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Viterbo - La grafologa ha analizzato la scrittura del musicista, per fare luce sulla sua presunta morte
Elena Marchetti, dal tribunale a Paul McCartney
Viterbo - 5 maggio 2010 - ore 3,30

La grafologa Elena Marchetti
- In genere è abituata a tutt’altro tipo di incarichi, provenienti, per lo più dal tribunale di Viterbo. Ma questa volta, per le mani della grafologa Elena Marchetti, sono passati gli scritti di una stella della musica: Paul McCartney, storico bassista dei Beatles.

Una vecchia leggenda lo darebbe per morto nel ‘66, in un incidente stradale, e poi rimpiazzato da un sosia. Ma nessuno avrebbe mai dimenticato Paul.

Tanto meno la band inglese, che avrebbe disseminato i suoi dischi di riferimenti alla scomparsa di McCartney. Come la tomba a forma di basso, strumento da lui suonato, nella copertina di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. O macabre frasi come “Ho sepolto Paul”, nella canzone Strawberry fields forever.

Spetta proprio alla dottoressa Marchetti sbrogliare parte della matassa, analizzando la questione dall’aspetto a lei più familiare: la scrittura.

“Si tratta di capire se quella di McCartney, negli anni, sia cambiata al punto da essere riconducibile a due persone diverse – spiega la grafologa -. Non è un lavoro semplice, specie se il materiale a disposizione non è molto. E in questo caso è pochissimo”.

Una firma datata 1984 e alcuni scritti. Uno antecedente il 1966 e uno successivo. E’ tutto ciò che la dottoressa Marchetti ha in mano.

Ma com’è venuta in possesso di questo materiale?

“E’ stato un giornalista di “Storia in rete” a procurarmelo – afferma -. La redazione, che realizza documentari per Rai e La7, mi ha contattata due mesi fa. Mi hanno raccontato questa leggenda e mi hanno chiesto se volevo occuparmi direttamente del caso, esaminando alcuni scritti di McCartney. Sono rimasta talmente affascinata che ho detto subito di sì e, per circa un mese, ho “studiato” la sua calligrafia”.

Il risultato delle sue analisi, la dottoressa Marchetti lo ha annunciato in prima serata a Voyager, in un servizio andato in onda lunedì sera.

“Delle differenze, tra gli scritti precedenti e successivi il ’66, ci sono – dichiara la grafologa -. La diversità è soprattutto nella struttura esecutiva delle parole. E per “struttura esecutiva” non intendo tanto la forma delle lettere, quanto la gestualità della mano nel tracciare i segni, che deriva da un automatismo ed è quindi difficile da controllare. Ci sono persone che sanno scrivere in vari modi e stili. Ma la loro gestualità difficilmente cambia.

Qui, invece, si vedono chiaramente gesti contrapposti, che vanno talora a destra, talora a sinistra, nonostante McCartney fosse mancino. C’è anche da dire, però, che tra le varie scritture, c’è una similarità di fondo”.

Il nodo non è facile da sciogliere. Se gli scritti fossero stati originali, sarebbe stato un altro paio di maniche. Ma la firma è impressa su una polaroid, “che – come spiega la grafologa - rende il tratto scivoloso e poco attendibile”. Mentre gli appunti sono tutti fotocopiati. Il che, di certo, non semplifica il lavoro.

“Allo stato attuale – conclude la dottoressa Marchetti -, non mi è possibile giungere a una conclusione. Per poterlo fare, dovrei avere più materiali a disposizione. Solo da una lunga serie di confronti tra i vari scritti si potrebbe capire se McCartney ha un sosia oppure no”. Il mistero, quindi, è ancora lontano dall’essere risolto…


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