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Politica - Pd - Intervista al segretario provinciale Angelo Allegrini in vista del confresso
"Un partito caricato a salve"
di Giuseppe Ferlicca
Viterbo - 27 novembre 2010 - ore 4,00

Angelo Allegrini
- Tempo di bilancio per Angelo Allegrini. Il segretario provinciale Pd cede il passo a chi dei tre candidati alla successione tra Egidi, Panunzi o Dinelli, avrà la meglio. Dopo tre anni vissuti pericolosamente.

“Dal punto di vista personale – spiega Allegrini – è sicuramente positivo. Un'esperienza di grande crescita personale e politica. Fare il segretario è un grande onore, ma è fonte pure di parecchi dispiaceri. A livello politico, arrivato a fine mandato, posso fare una riflessione che è di forte preoccupazione per il futuro del partito.

Non per chi lo guiderà, ma per l'identità, il progetto politico del Pd, che darà forma all'azione politica. L'entusiasmo del momento fondativo si è affievolito. C'è un rischio di ripiegamento su se stessi. Il Partito democratico è nato per cambiare le cose, invece nel Paese non è cambiato niente. La promessa è ancora tutta da fare.

A Viterbo, ad esempio si discute su aeroporto sì, aeroporto no o sul raddoppio della ferrovia. Il punto non è arrivare velocemente a Roma col treno, ma che i treni non funzionano”.

Questo congresso può rappresentare la vera nascita del Pd? “Non sta a me dirlo. Ci sono tre candidati che rappresentano una linea di frattura rispetto alla mia. Rispondendo in modo secco dovrei dire di no. Le progettualità si differenziano. Dei tre, uno è stato presidente provinciale, un altro l'organizzatore, il terzo ha rivestito incarichi di responsabilità a tutti i livelli. Il dubbio è lecito”.

A Viterbo cos'è mancato al Pd? “Partiamo dalla mia azione. Sono stato criticato tanto da chi si lamentava che fossi troppo unitario e cercassi soluzioni di compromesso, quanto da chi riteneva il mio operato troppo di parte o rigido. Se gli estremi si annullano, credo che sia mancata una identità davvero condivisa. E inizialmente ce n'era di più rispetto a oggi.

Diffidenze e preoccupazioni delle parti in gioco hanno limitato l'azione politica”.

Classico esempio, il mancato allargamento all'Udc dell'amministrazione Mazzoli in Provincia. “A parole era condivisa da tutti. Due volte è stata approvata dalla direzione provinciale. Di fatto non è stata fatta perché il pensiero di modificare alleanze, cambiare assetti a palazzo Gentili ha ingenerato forti preoccupazioni.

C'è stata poi una forte contrapposizione tra partito e amministratori. Di fatto rallentando l'azione del partito stesso. Il mio punto di vista è diverso. Non basta cavalcare gli interessi della comunità, serve una visione generale. Mancando, ha reso la nostra azione a volte, caricata a salve”.

Al congresso tre candidati e non la soluzione unitaria. Al di là di chi vince, che succede una volta proclamato? “Il candidato unico sarebbe stato un segnale forte e positivo se fosse stato in grado d'interpretare la sintesi tra tutti.

Io sono andato sempre dicendo che è meglio un confronto vero purché diretto e sobrio da cui emergesse una linea chiara, mancata in tre anni di segreteria, piuttosto che un candidato unico di facciata”.

Oggi ce ne sono tre per la segreteria provinciale. “Rappresentano in modo strano la dialettica del partito. Non è quella esistente.

Quello che succederà, dipende molto dalla capacità del nazionale di farsi interprete del cambiamento. Se da Roma danno l'imprinting, anche a livello locale la ricaduta sarà positiva. Non si può rimanere ancorati alle parole. Non basta opporsi al nucleare o dire no al termovalorizzatore. L'orizzonte va allargano. Anche per questo negli ultimi tre anni i sondaggi danno il Pd in calo”.

Se vale per il Paese in generale, tanto più è valido per un comune come Viterbo, dove il centrodestra parte in forte vantaggio.

“Serve uno scatto di reni. Se ci si limita a ragionare in termini di vecchie formule, si pronunciano parole che non hanno più senso”.

I problemi in tre anni sono stati tanti e tutti noti. Qualcosa di positivo c'è stato? “Vedo che nei circoli e nella base elettorale c'è più entusiasmo e capacità nell'interpretare il ruolo di cambiamento e speranza di quanto non ci sia a livello di dirigenza locale.

Di nuovo vedo questo. La conferma che c'è un mondo che si aspetta qualcosa di più.

Fino a un certo punto, trovo positiva la difesa della gestione pubblica dell'acqua. E' stato un fiore all'occhiello. Almeno fino a un certo punto”.


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