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Viterbo- Il messaggio del vescovo Lorenzo Chiarinelli
Celebrare Santa Rosa significa tornare al cuore
Viterbo - 1 settembre 2010 - ore 18,00

Il vescovo Lorenzo Chiarinelli
Riceviamo e pubblichiamo - Celebrare Santa Rosa per Viterbo significa “tornare al cuore”: cioè alle radici, alle realtà che fondano e animano il suo cammino nella storia: la città e la sua santa hanno un legame profondo e vitale. Santa Rosa ha amato la sua città e la ama come celeste “patrona”.

La città la celebra con devozione singolare che si traduce in preghiera e in eventi straordinari: le esperienze dei “piccoli facchini”, la processione con il “Cuore” della Santa, il “Corteo storico”, il Trasporto della “Macchina” della Santa da parte del Sodalizio dei “Facchini di Santa Rosa”, le solenni liturgie presso il Monastero che ne custodisce il Corpo incorrotto.

Volto da riscoprire

Ma ad ogni festa Viterbo sente il bisogno e ha il dovere di rivisitare, reinterpretare, recuperare il volto genuino di santa Rosa.

Quest’anno – dopo le assicurazioni ufficiali del museo madrileno – ci sostiene il suggestivo e splendido quadro del Murillo (1617-1682) della Fondazione Thyssen-Bornemisza (Madrid).

E la nostra Santa si riconsegna alla nostra devozione come giovane: l’intensità della sua vita e delle sua opera si svolse tra i 14 e i 18 anni, nel fiore di una splendida primavera che si chiuse il 6 marzo 1251, come cristiana che, generata alla fede con il battesimo, la vive, la testimonia, l’annuncia dentro gli spazi del vivere quotidiano e, anche senza particolari qualifiche, racconta il suo credo, lo partecipa nelle case e nelle vie, ne “contagia” amici, indifferenti, avversari; come laica: è una ragazza del popolo, vive in famiglia, partecipa della vita civile, sociale e, come cittadina consapevole, sa anche difendere la sua città e dedicare energie alla giustizia e alla pace, pagando anche di persona.

La breve sua vita è stata costellata di miracoli. Non è facile discernere la storia dalla fantasia, la documentazione attendibile dalla leggenda. Ma i suoi miracoli incontestabili sono la fede che si esprime in dedizione totale a Dio e nella preghiera; la speranza che le conferisce il coraggio nei passaggi difficili dell’esistenza in privato e in pubblico; la carità che diventa solidarietà, elemosina, partecipazione verso ogni povertà. Le “rose” (bianche e rosse) del dipinto del Murillo sono il simbolo felice e poetico di queste dimensioni di vita.
È, allora, doveroso chiedersi: questa “recuperata” Santa Rosa ha delle consegne da affidare a noi, a questa Città, a questa Chiesa?

Consegna ai giovani

Innanzitutto c’è una “consegna” ai giovani: Rosa è la sola giovane del sec. XIII ricordata e venerata per il suo impegno ecclesiale, per la sua attività sociale, per la sua partecipazione civile. Non è di per sé un appello alla generazione presente per uscire dall’apatia, per non cadere nella delusione, per vincere la sfiducia, per costruire oltre l’effimero, il banale, il lamento? La semina è stagione dura, ma è premessa ineludibile della gioia del raccolto! Così la preghiera si estende:

“Rendi più bella
- come tuo giardino –
questa Chiesa che ti ha germogliato,
la Città che tu hai amata e difesa”.

Consegna alla Chiesa.

Ogni giardino – anche la Chiesa – ha bisogno di coltivazione, di cura. Quale lo spazio e l’impegno nell’educazione cristiana dentro le famiglie, nelle parrocchie, nelle esperienze associative, sul piano personale e in quello collettivo? Come crescere da una fede ridotta a religiosità ripetitiva, sociologica, folkloristica, puramente rituale verso la fede matura, adulta, consapevole e testimoniata, verso la fede consegnata alle nuove generazioni perché sappiano vivere il senso di Dio, delle relazioni umane, della storia, del mondo?

A Viterbo, il 6 settembre 2009, il Santo Padre Benedetto XVI, ce ne ha tracciato un esigente cammino pedagogico.

E Santa Rosa ci propone una fede coraggiosa, coerente; una fede che parla, che è vita; una fede che è amore che si tocca con mano perché è fatto di gesti e di azioni.

Consegna alla Città

E alla sua Città che cosa ha da chiedere Rosa? Che sia bella! E la bellezza “civile” è dignità e rispetto; è identità e verità; è solidarietà e giustizia.

Una città sarà bella quando avrà luce che splende nelle menti: per conoscere la realtà vera; per fare diagnosi serie dei mali, dei bisogni, delle attese; per progettare cammini di speranza e costruire un futuro per chi si apre alla vita. Sarà bella allorché ci saranno cuori capaci e disposti ad amare, a prendersi cura degli altri, soprattutto se deboli, sprovveduto, senza risorse.

Cuori generosi nel farsi carico di ogni diversità, oltre l’indifferenza, uscendo dalla soggettività individualistica, sposando la causa del bene comune. E sarà bella se disporrà di mani capaci di assumere responsabilità, vincendo gli egoismi, gli interessi privati, il fascino del potere e della visibilità. Mani aperte all’accoglienza, al sostegno; forti nel perseguire i programmi, sollecite nel promuovere le energie.

“Splendido piccolo fiore,
Viterbo ti custodisce e ti onora
ma ha ancora bisogno di te”

Lorenzo Chiarinelli
Vescovo di Viterbo


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