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L'angolo della psicologia
Dalla parte dei bambini
di Angelo Russo
Viterbo - 29 settembre 2010 - ore 3,20

Angelo Russo
- Si è svolta in questi giorni, al tribunale di Viterbo, l'udienza per l'incidente probatorio per il caso del bimbo di cinque anni picchiato selvaggiamente a febbraio.

E’ raccapricciante che un bambino di cinque anni possa essere pestato a sangue.

Fa parte di quelle notizie che, causandoci troppo dolore, tendiamo a rimuovere.

Una sorta di rimozione che per molto tempo, fino agli ultimi decenni del secolo scorso, non ha consentito di adottare strategie efficaci al contrasto di questo penoso problema. Era difficile credere che la madre, il padre, il nonno, uno zio ecc. potessero far del male, in varie forme, dalla violenza all’abuso, a un essere indifeso e in molti casi consanguineo.

Oggi la situazione è cambiata e, anche grazie alle politiche, che qualche volta funzionano, e a una rinnovata sensibilità, si è riusciti a restituire risposte adeguate sia in termini di leggi sia di risorse per formare operatori di contrasto alla violenza sui minori con il risultato di non lasciare impuniti tanti abusanti.

Una decina d’anni fa, mi trovavo a Montesilvano vicino a Pescara per un corso atto alla formazione di operatori su queste spinose tematiche. Nonostante fossimo tutti tecnici: psichiatri, psicologi, assistenti sociali, pedagogisti, forze di polizia, e altri, a un certo punto il medico legale, che conduceva il seminario, disse, con tono grave, che ci avrebbe mostrato delle immagini molto forti.

Ci informò che in altre occasioni, data la crudezza di quanto avremmo visto, autopsie comprese, qualcuno si era alzato uscendo dall’aula. Invitò pertanto a restare solo chi se la sentiva di visionarie quelle immagini. Restammo tutti al nostro posto.

Il ricordo più orribile è l’immagine di un bambino dodicenne che, nonostante una decina d’interventi di chirurgia plastica al volto, appariva ancora sfigurato. E’ difficile da credere, ma, era stato mangiato a morsi dalla madre. Malata mentale, ovvio.

Era stata così abile, la mamma, nella sua insana follia, a far credere che il bambino sin dalla nascita soffriva di una forma di malattia che causava quelle piaghe, simili ad una sorta di lebbra, lasciando delle ferite a carne viva.

Dopo un forzato ricovero all’ospedale del bambino, la mamma, per una banale coincidenza, fu costretta a lasciare per un giorno il capezzale, che ovviamente non abbandonava mai, i medici si accorsero che quelle ferite cicatrizzavano. Fu la fine della sofferenza del minore e conseguente arresto della madre.

Nello stesso periodo, eravamo a fine millennio, sui giornali si leggeva: “Ho visto cavare gli occhi a mio figlio” era la voce disperata di un giovane padre punito dai Serbi perché non aveva i soldi per pagarsi la libertà. E ancora: “Pedofilia, scoperti cento insospettabili coinvolti in un mega traffico di materiale porno con protagonisti soggetti minorenni".

Telefono Arcobaleno, Associazione in difesa dei minori, denunciava che il 25 aprile del 1999, in internet, si festeggiava la giornata mondiale di orgoglio pedofilo. Nello stesso giorno della ricorrenza della liberazione. Fu davvero un brutto fine millennio.

La reazione sociale e le Istituzioni inizialmente frastornate oltre che immobili, in quegli anni, in Italia, imboccarono la strada giusta, la legge 285/97 fu la pietra miliare. In sintonia con i principi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, enunciava alcune disposizioni tese a favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell’infanzia e dell’adolescenza istituendo dei servizi a sostegno della relazione genitori – figli e di contrasto della povertà e della violenza.

Il maltrattamento, come da definizione del sesto seminario criminologico (Consiglio d’Europa, Strasburgo 1978) si concretizza negli atti e nelle carenze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico o sessuale da parte di un familiare o di terzi.

Il maltrattamento può concretizzarsi in una condotta attiva (percosse, lesioni, atti sessuali, ipercura) o in una condotta omissiva (incuria, trascuratezza, abbandono). La violenza può avere effetti devastanti sulla personalità del bambino, il trauma se non rilevato, diagnosticato e curato, può produrre disturbi psicopatologici e di devianza nell’età adulta.

Per quanto riguarda l’abuso sessuale, le bambine sono abusate sessualmente con una frequenza tre volte superiore ai maschi. Questi ultimi sono invece più frequentemente soggetti a gravi lesioni rispetto alle bambine.

L’età più a rischio per entrambi i sessi, riguardo al maltrattamento è dai 6 agli 11 anni, mentre l’abuso sessuale ha una maggiore incidenza per i bambini da tre anni in poi. Risulta, inoltre, che la maggior parte dei bambini maltrattati o trascurati sono stati vittimizzati dai loro genitori. Circa la metà di quelli abusati sessualmente lo sono stati da un genitore o da un sostituto.

Agli uomini spetta il record negativo dell’abuso sessuale, mentre a maltrattare sono maggiormente le donne. In questa disastrosa situazione, la normativa si prefigge di favorire e mettere in campo tutte le possibili strategie per contenere e ridurre il fenomeno.

In seguito alla legge 285/97, la stessa ministra per la solidarietà sociale di allora, Livia Turco, firmava il “Documento della commissione Nazionale per il coordinamento degli interventi in materia di maltrattamenti, abusi e sfruttamento sessuale dei minori”.

Ecco uno stralcio del testo: “la commissione si è proposta di approfondire quali strategie operative possono essere attivate per prevedere modalità integrate di gestione degli interventi di protezione del minore e di aiuto alla famiglia; per favorire, una cultura interprofessionale e multidisciplinare sull’abuso dell’infanzia, tra operatori di diverse istituzioni preposte all’intervento, per migliorare la collaborazione e l’intervento di rete tra gli operatori a sostegno delle famiglie maltrattate, per favorire risposte e aiuto nei confronti di situazioni specifiche e infine per promuovere attività di sensibilizzazione della popolazione sul tema dell’abuso all’infanzia e alla sofferenza minorile, un percorso mirato alla conoscenza del fenomeno, farlo emergere, e attuare la presa in carico del minore, fare prevenzione e protezione, diffondere una cultura dei diritti dei bambini e a responsabilizzare la collettività al rispetto di quei diritti”.

Fu l’inizio di una nova era. Ma c’è ancora tanta strada da fare.

Angelo Russo


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