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L'opinione di uno sporco comunista
A lezione di laicità da Tettamanzi
di Valerio De Nardo
Viterbo - 7 settembre 2010 - ore 2,00

Valerio De Nardo
- «È ora di mettersi attorno a un tavolo a ragionare concretamente, senza paura del dibattito, senza temere le critiche. È mio forte desiderio che non si procrastini ancora l’attesa della comunità islamica, che chiede legittimamente di avere un luogo per pregare. Anche così la città potrà essere governata in nome della pace, della giustizia e dell’armonia fra le sue diverse componenti».

Nelle parole dell’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, è facile leggere la tradizione di una chiesa coraggiosa, aperta, attenta alla realtà sociale in cui si trova a vivere, ad operare, a portare il Vangelo.

«Le istituzioni civili milanesi devono garantire a tutti la libertà religiosa e il diritto di culto. I musulmani hanno diritto a praticare la loro fede nel rispetto della legalità. Spesso però la politica rischia di strumentalizzare il tema della moschea e finisce per rimandare la soluzione del problema, aumentando il livello di scontro, mentre potrebbe diventare uno stimolo per migliorare il livello della convivenza civile».

In tempi in cui la “sindrome securitaria” e l’insufflamento della paura quale collante sociale sono tra gli elementi sui quali si costruisce certo consenso politico a buon mercato, le parole del successore del cardinal Martini risultano dense di un significato che va ben oltre la vicenda in sé della costruzione di una moschea a Milano.

La libertà di culto è uno dei fondamenti costituzionali del nostro sistema democratico, ma è anche un motivo di identità culturale di una nazione come la nostra, pur così segnata dalla presenza cattolica.

Ciascuno deve essere libero di pregare il proprio Dio o di non pregarne nessuno e lo Stato deve consentirlo a tutti. Altrimenti ci porremmo sullo stesso piano di quei Paesi, che non esitiamo a condannare, in cui per i cristiani è ben difficile professare la propria religione e praticarne il culto, rischiando finanche persecuzioni ed uccisioni.

Devo dire che risulta sorprendente che vi siano tanti credenti o atei devoti, i quali non esitano a paventare rischi, laddove invece potrebbe esservi una soluzione di convivenza e comprensione, e per questo negano agli altri un diritto che rivendicano per sé.

In questo senso non c’è bisogno di riferirsi a qualche ministro che, ritenendosi simpatico, porta i maiali a passeggio sulle aree dove si vorrebbero edificare moschee. Basta ascoltare, di fronte alle parole di Tettamanzi, il silenzio istituzionale, l’imbarazzo di politici e amministratori normalmente capaci di dettare alle agenzie una dichiarazione su qualsiasi battito d’ali di una farfalla.

Laicità significa non essere contro un credo, una confessione religiosa, ma essere garanti della possibilità che tutte siano uguali e ugualmente rispettate. In quest’epoca capovolta può così apparire che un cardinale fornisca lezioni ai laici, mentre in fondo ha solamente a cuore l’interesse della propria comunità, della quale tanti islamici fanno ormai stabilmente parte.

Egli sa che solamente aprendosi al confronto fra le culture, sentendo la diversità come una ricchezza piuttosto che come un pericolo, possiamo sperare di governare un fenomeno come quello migratorio, che non sarà certamente qualche miliardo di euro pagato al satrapo di Tripoli a poter fermare.

Valerio De Nardo


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