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Processo Gradoli - Visionate le immagini nei pc dell'imputato per stabilire se le ragazze sono minorenni
Pedopornografia, in aula le foto di Esposito
Viterbo - 21 gennaio 2011 - ore 20,10

Madre e figlia scomparse
Dossier Gradoli

Una delle immagini trovate nel pc di Esposito
Paolo Esposito
Ala Ceoban
Esposito con i suoi difensori Enrico Valentini e Mario Rosati
La Ceoban con i suoi avvocati Pierfrancesco Bruno e Fabrizio Berna
Il pm Renzo Petroselli
I legali di parte civile Claudia Polacchi e Luigi Sini
Il consulente informatico della difesa, Laccetti, ascoltato in aula
L'ingegnere Marangoni, sentito come teste
-Ragazze giovanissime. Alcune seminude. Altre a gambe aperte, con gli slip abbassati.

Sono alcune delle immagini trovate nei pc di Paolo Esposito, mostrate, questa mattina, in aula, all'udienza del processo Gradoli.

A luglio 2009, i carabinieri sequestrarono un hard-disk e tre computer.

In due di questi (che si trovavano uno al circolo An di via Piave e l’altro a casa di Esposito) il consulente tecnico della difesa Laccetti, ascoltato in aula, ha ammesso di aver trovato contenuti erotici. Pornografici o pedopornografici?

"I nomi di immagini e filmati - ha spiegato il consulente - fanno pensare che il contenuto sia pedopornografico. In realtà, non c'è modo di stabilire l'età precisa delle ragazze".

Alla corte (composta dai giudici Maurizio Pacioni, Eugenio Turco e dalla giuria popolare) Laccetti ha detto di aver trovato, sul computer di casa di Esposito, una ventina di files. Tutti cancellati, come sottolineato dalle difese, e dalla denominazione molto esplicita. Come: “Amica di mia figlia, 14 anni, mi fa vedere la f… rotta”. O “Monica, 16 anni, f… completamente rasata”.

Laccetti è riuscito a recuperarne quattro. Immagini che ritraggono ragazze ammiccanti, completamente svestite o in lingerie, che potrebbero avere, a occhio, un’età compresa tra i 14 e i vent’anni.

“Questo computer – spiega il consulente – non poteva navigare in Rete. E’ probabile che le foto siano state copiate da un altro supporto, come un hard-disk o una pen-drive, e inserite nel pc”.

L’altro, quello di via Piave, con possibilità di collegamento a Internet, conteneva una lista di files analoghi. Dei quali, secondo Laccetti, almeno due, ritraggono minorenni in atti sessuali. Troppo pochi (l’un per cento del totale dei files nel pc), secondo le difese, per far passare Esposito per un pedopornografo.

"Senza contare - puntualizzano i lgeali dell'imputato - che il pc di via Piave non aveva password ed era utilizzabile anche dagli altri frequentatori del circolo".

Filmini e foto di entrambi i computer sarebbero stati scaricati tutti tra l’11 e il 12 febbraio. Mentre, la sera del 30 maggio, tra le 21 e le 22, sul pc di via Piave, qualcuno navigava sul sito web della Disney. L’idea dell’accusa è che potesse essere stata la figlia minore di Paolo. Distratta con i cartoni animati mentre i due imputati uccidevano Tatiana e Elena.

Materiale pornografico, ha spiegato ancora Laccetti, sarebbe stato trovato anche sull’hard-disk. Quanto all’altro pc, nella stanza di Elena, c’erano solo documenti di testo. Compiti e ricerche scolastiche della ragazzina scomparsa.

L'altro tecnico sentito come teste, Mario Marangoni, un ingegnere di rete, è stato, invece, interpellato sulla cella di Capodimonte. La stessa agganciata dal cellulare di Tatiana il 30 maggio 2009, nella sua ultima telefonata delle 17,36.

Un dettaglio non di poco conto. Che aveva fatto ritenere alle difese che Tatiana, quel pomeriggio, non avesse potuto prendere l'autobus Viterbo-Gradoli, perché non passa per Capodimonte. Ma l'ingegnere ha smentito questa ipotesi, affermando che "il cellulare di Tatiana poteva agganciare la cella anche sul pullman".

In parole povere, Tatiana potrebbe essere arrivata a Gradoli con il bus, passando per Montefiascone e Bolsena, dal lato est del lago. Ma se avesse fatto l’altra strada, quella del lato ovest, dalla parte di Latera e Valentano, il suo telefonino avrebbe potuto comunque agganciare la stessa cella. “E’ molto meno probabile – ha affermato Marangoni – ma non da escludere”. Il tragitto della donna scomparsa, dunque, resta ancora un’incognita.

Oltre all'ascolto dei testi, è stata consegnata alla corte la videocamera acquistata il 30 maggio da Tatiana all'Unieuro di Viterbo e assegnato un incarico a un nuovo consulente, Antonio Andreozzi, della polizia scientifica.

Il suo compito sarà quello di comparare le 13 impronte trovate sul pick-up dal perito della corte Cristina Fattorini con quelle degli imputati.

La seduta è aggiornata al 28 gennaio quando, a sorpresa, saranno riascoltate Olga ed Elena Nekifor, così come disposto dalla corte.

Oltre alle due sorelle saranno sentiti anche alcuni carabinieri, tra cui il maresciallo Villani, che ha trovato la cartellina gialla contenente i documenti di Elena e Tania.


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