Esposito stringe la mano al suo avvocato Mario Rosati
Ala e i suoi legali
Paolo e i suoi legali
I giudici della Corte d'Assise, presidente Maurizio Pacioni, a latere Eugenio Turco
La Corte al completo
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Elena Ceoban, la figlia 13enne di Tania, anche lei scomparsa
- "Le sentenze non si commentano. Si impugnano. Noi abbiamo fatto il possibile e l'impossibile. Altro non possiamo dire".
Fa fatica a parlare, Enrico Valentini. La sentenza di condanna all'ergastolo per il suo assistito Paolo Esposito ha spiazzato lui e il suo collega Mario Rosati, che avevano creduto fino all'ultimo di potercela fare. E insieme a loro i due imputati, Paolo e Ala.
"Per noi è una grossa delusione - ammette Valentini con gli occhi lucidi, subito dopo aver parlato con Esposito -. Vengo dalla cella di sicurezza, dove ho visto Paolo e Ala. Ci guardavano increduli. Inebetiti. Erano loro che consolavano noi".
Rosati e Valentini non si danno pace. Rispondere alle domande dei cronisti è come vedersi passare davanti due anni di indagini e dibattimento. E la sentenza lascia ancor più l'amaro in bocca, perché il loro bilancio di questi due anni è estremamente positivo: "Più di questo non potevamo fare - dichiara Valentini -. Abbiamo cercato di far emergere tutti i dubbi che avevamo. Evidentemente la Corte la pensava diversamente. Ma ci dovranno spiegare come mai quei documenti erano dentro casa, come mai quella cartellina non c'era. Chi è stato dei due ad uccidere, qual è il concorso...".
Tanti gli interrogativi anche per il suo collega Mario Rosati, affranto almeno quanto lui e desideroso di leggere le motivazioni della sentenza, che arriveranno entro i prossimi tre mesi. "La domanda che mi sono posto in questi giorni è stata proprio questa - dice Rosati -: perché avrebbero potuto condannarlo. La mia curiosità è tanta. Voglio leggere e cercare di capire se quello che ho studiato finora, cioè che la giurisprudenza è una scienza, è vero o è tutta una bugia".
E' a Rosati che Esposito stringeva forte la mano, mentre il giudice Pacioni leggeva la sentenza. "Dopo ci siamo messi a piangere insieme - continua l'avvocato -. Purtroppo questo è il momento di leccare le ferite. Verrà, speriamo, anche quello di tirare i pugni... ovviamente in senso figurato".
Rosati allude a quel ricorso in appello che lui e i suoi colleghi, sicuramente, faranno. Su questo nessuno dei tre ha dubbi. Neppure l'avvocato di Ala, Pierfrancesco Bruno, che afferma che neanche "la più documentata logica, in questa vicenda" basterà a convincerli. "L'appello lo faremo di certo - dichiara Bruno -. Bisognerà vedere con quali prospettive".
Ma l'avvocato non sembra pessimista. "Paradossalmente l'esito del processo, in termini così decisi, può lasciare aperto qualche spazio in più anche per la difesa, perché è stato accolto un impianto accusatorio che ha mostrato delle debolezze. E questo può darsi che possa facilitare l'analisi critica dei giudici nell'appello".