Roberto Mancini, sindaco di Civitella d'Agliano

L'imprenditore Domenico Chiavarino

Il pm Stefano D'Arma, pubblica accusa al processo insieme al collega Fabrizio Tucci

A rivelarlo è l'ingegnere Giorgio Bianchi, responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Civitella D'Agliano tra il 2006 e il 2008. Stesso periodo cui risalgono i fatti contestati al sindaco del paese, Roberto Mancini, imputato per corruzione al processo Miniera d'oro, insieme all'imprenditore Domenico Chiavarino.

Il verbale di cui l'ingengere Bianchi ha parlato ieri pomeriggio in aula, era stato elevato dalla Forestale al Comune di Civitella. Riguardava gli scavi che la ditta Chiavarino aveva avviato in località Ontaneto. Bonifiche agrarie, sulla carta. Cave abusive, secondo gli uomini del Nipaf (Nucleo investigativo provinciale di polizia ambientale e forestale), che, proprio con quel verbale, comunicavano il possibile illecito a Mancini.

"Mi fu detto - ha spiegato l'ex responsabile dell'ufficio tecnico - di trovare un motivo per far annullare il verbale. Così scrissi un parere tecnico in cui concludevo che non c'era nessuna cava. Ma non ero molto convinto...".

Una testimonianza imbarazzante, a detta dell'avvocato di Chiavarino, Franco Moretti, che ha evidenziato come la nota non solo fosse firmata dall'ingegnere, ma persino redatta col consenso di altri tecnici e di un maresciallo della Forestale.

Per i pm Stefano D'Arma e Fabrizio Tucci, invece, potrebbe essere la prova che Mancini impartisse dall'alto le direttive per onorare il presunto patto con Chiavarino: scavi abusivi "mascherati" da bonifiche agrarie, in cambio di tangenti, secondo la ricostruzione dell'accusa.

Il legale di Chiavarino ha comunque chiesto di sapere perché la posizione dell'ingegnere Bianchi, in un primo momento iscritto nel registro degli indagati, è stata archiviata dalla procura. Una circostanza sembrata poco chiara tanto alla difesa dell'imprenditore quanto a quella del sindaco.

L'intera indagine, basata su una sterminata mole di intercettazioni azzerate dai giudici, è stata ripercorsa in aula dal vicequestore Marco Avanzo. E' stato lui a coordinare gli uomini del Nipaf negli accertamenti sui terreni in località Ontaneto.

Due gli elementi che hanno insospettito la Forestale: la profondità degli scavi - "eccessiva, per una bonifica agraria" - e l'utilizzo dei materiali estratti. Ghiaia che, per la procura, veniva rivenduta da Chiavarino ad altre ditte. Un affare che, come dice Avanzo, avrebbe fruttato quasi un milione di euro nel solo 2007 all'imprenditore di Celleno.

Al guadagno cospicuo, sempre secondo il vicequestore, si sarebbe aggiunto il notevole risparmio verosimilmente tratto dall'escamotage di far passare le cave per bonifiche agrarie. "I costi - ha spiegato Avanzo - sono più contenuti. Sia in termini economici che di tempo. Possono volerci anni per autorizzare una cava".

La seduta è stata aggiornata al 27 settembre, per l'esame di altri testimoni ed, eventualmente, degli imputati.

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