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Walter Veltroni saluta la folla
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Marino, Fioroni, Veltroni, Marrazzo e Sposetti
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Piazza del Comune piena per Veltroni
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Veltroni abbraccia Sposetti
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Il pullman di Veltroni in via Cavour
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- C’èra il sole ma anche il vento, c’erano tanti uomini ma anche tante donne, la musica di Jovanotti, ma anche di Michael Jackson.
Il pullman di Walter Veltroni arriva con un leggero ritardo. Al capolinea di Viterbo alle 16.27, ad accoglierlo una piazza del Plebiscito colma. Migliaia le persone ad attenderlo e quando si ferma in fondo a via Cavour gli applausi sono tutti per lui.
Passa tra la folla, saluta, stringe mani, si ferma a parlare con qualche persona che riesce a superare il cordone di sicurezza e cronisti che lo circonda, fin quando supera le transenne, dove ad attenderlo ci sono Giuseppe Fioroni, Alessandro Mazzoli, Giuseppe Parroncini e Piero Marrazzo, che Veltroni scorge da lontano, tra le bandiere del Partito democratico e quelle verdi con la scritta “Si può fare”.
Non è la prima volta a Viterbo dell’ex sindaco di Roma, ma è quella con più pubblico. In piazza più di tremila persone.
“In un’ora inusuale dice al microfono è bello vedere così tanta gente. E’ una buona notizia per la democrazia”. Quella di Viterbo è l’84esima tappa del suo giro d’Italia.
A presentarlo, la giovane Sara Riccardi, del comitato regionale. Veltroni va subito al nocciolo della questione. Affronta i punti caldi della campagna elettorale, dalle morti sul lavoro all’inflazione alle troppe leggi che ingessano il Paese e propone la ricetta democratica per risolverli.
Quindi la scuola. “Ne parlo con qui a fianco un grande ministro, Fioroni. E’ grande, senza possibilità di smentita scherza poi ognuno lo legge come vuole”. Qualcuno tra il pubblico la prende nel senso letterale. “Con venti chili di meno c’è rimasto solo un mese”. Nulla che sminuisca l’altro peso, quello politico.
“Il primo provvedimento continua Veltroni sarà contro il precariato”. Poi Berlusconi. “La butta sempre sulla rissa sostiene ma per la rissa bisogna essere in due e io non parteciperò”. Senza dimenticare Casini. “Ci manca solo che si metta l’eschimo. Si è scoperto contro Berlusconi, ma se avesse avuto più coraggio nel momento della crisi, adesso staremmo facendo le riforme. Invece è stato vittima del vengo anch’io no tu no”.
E anche a Viterbo rinnova la promessa: “Nessun governo di larghe intese”.
Conosce la città dei Papi e la Tuscia, terra che ha dato i natali al compianto Petroselli. “Ogni tanto lo vengo a trovare ricorda mi ha insegnato quello che so, il rapporto con la gente, è stato un grande sindaco di Roma e un grande viterbese”.
E poi lancia la candidatura di Sposetti. “Saprà fare bene, ha l’esperienza giusta”.
Anche a Viterbo si può fare. “Non esistono città di destra o di sinistra. C’è meno senso d’appartenenza e masse gigantesche d’elettori indecisi si spostano, molti verso di noi”.
Prima di lui aveva parlato Ugo Sposetti, mentre la chiusura del comizio è stata sulle note dell’inno d’Italia, cantato il quale, lentamente Veltroni è salito sul suo pullman.
Il viaggio continua.
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