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Carabinieri - Erano stati trovati durante il blitz antidroga "Operazione Ferento"
I reperti archeologici consegnati al Museo etrusco
Viterbo - 13 dicembre 2010 - ore 12,35

Il cratere a figure nere ritrovato, con gli altri reperti, nell'operazione Ferento
Il balsamario
Il tenente Giovanni Martufi, la direttrice del museo nazionale etrusco Rocca Albornoz Valeria D'Atri, e il capitano della compagnia di Viterbo Raffaele Gesmundo
Il capitano Gesmundo
Il tenente Martufi
La direttrice del museo Valeria D'Atri
- Operazione Ferento, i reperti archeologici consegnati al museo.

Sono stati consegnati al Museo nazionale etrusco Rocca Albornoz i reperti archeologici sequestrati dai carabinieri nell'ambito dell'operazione Ferento.

Il blitz, eseguito un mese fa dagli uomini dell'Arma, portò all'arresto di quattro persone e al ritrovamento di una ventina di pezzi risalenti, probabilmente, all'epoca etrusca, tra crateri, lacrimari e statuette.

La cerimonia di consegna si è svolta questa mattina alla presenza, oltre che del capitano dei carabinieri Raffaele Gesmundo e del tenente Giovanni Martufi, anche della direttrice del museo Rocca Albornoz Valeria D'Atri.

"Ad attirare la nostra attenzione - ha spiegato la D'Atri - sono stati soprattutto due dei reperti trovati. Un cratere a figure nere, di probabile fabbricazione etrusca, forse risalente al VI secolo avanti Cristo. E un balsamario in pasta vitrea. Un piccolo contenitore per unguenti ed essenze profumate, che potrebbe essere stato realizzato in Oriente. Ci insospettisce il fatto che, pur essendo in pasta vitrea, si sia così ben conservato. Dovremo fare dei controlli ulteriori per accertarne l'autenticità".

Quanto agli altri reperti, un'ampolla, una spilla un altro balsamario a forma di testa femminile e delle statuette in bronzo, potrebbero essere di fabbricazione moderna. Ma solo verifiche più approfondite potranno confermarlo.

"Quella di Ferento è una zona archeologica molto ricca e gettonata - ha spiegato il capitano dei carabinieri di Viterbo Raffaele Gesmundo -. Da sempre, presa di mira dai tombaroli per gli scavi clandestini. In genere i rivenditori di reperti archeologici mescolano gli originali con dei falsi di ottima fattura, che riescono a ingannare anche l'acquirente più esperto. In questo modo, il valore dei pezzi sul mercato nero aumenta". Anche i reperti non autentici, infatti, vengono venduti a peso d'oro.

Il valore del cratere, se risultasse autentico, potrebbe superare i 100mila euro. Ma se fosse un falso, avrebbe potuto essere comunque rivenduto sul mercato nero a un prezzo non inferiore ai 3mila euro.


L'operazione Ferento

L'operazione dei carabinieri che portò al ritrovamento dei reperti scattò nella notte tra il 13 e il 14 novembre scorso.

Gli uomini dell'Arma, guidati dal tenente Martufi, fecero irruzione in un magazzino a Grotte Santo Stefano, sorprendendo all'interno otto persone: il proprietario del capannone, un viterbese sulla quarantina, tre romani che importavano cocaina dalla Capitale e quattro acquirenti, di età compresa tra i 22 e i 38 anni. Tutti operai della zona artigianale di Grotte che, nel fine settimana, spendevano una parte delle loro buste paga nell'acquisto di stupefacenti.

Ma quella che, inizialmente, sembrava una semplice operazione antidroga, svelò, poco dopo, un'ulteriore sorpresa. Nascosti nel capannone, coperti da buste di nylon, i militari scoprirono una ventina di reperti archeologici, che furono sequestrati insieme alla cocaina e al materiale di confezionamento delle dosi.

Per il proprietario del magazzino scattarono le manette per detenzione di droga ai fini di spaccio e una denuncia per detenzione di reperti archeologici. Insieme a lui, finirono in arresto anche i tre romani sorpresi nel capannone, con l'accusa di aver importato la cocaina dalla Capitale.

Quanto ai quattro operai, furono segnalati alla Prefettura come assuntori di stupefacenti.


L'elenco dei reperti archeologici consegnati al Museo dai carabinieri.

1. Cratere a colonnette. Riquadri metopali campiti da figure nere: lato A figure alate, femminile e maschile, incedenti da destra verso sinistra; la figura femminile è ad ali spiegate ed indossa una lunga veste, orlata con colore bianco; lato B: due figure di eroti incedenti verso sinistra, con linee sulle ali e tenie nei capelli rese con colore bianco; corone floreali tra le figure.

2. Lekane. Teste femminili con sakkos rivolte a sinistra, intervallate da motivi a palmetta triangolare, motivo radiato sul fondo e ad onda sull’orlo del battente.

3. Balsamario configurato a testa femminile. Argilla dura, grigiastra, colore nero, e rosso. Fatto in due netà con ansa e bocchello mancanti, scheggiature varie.

4. Balsamario fusiforme. Collo troncoconico, orlo leggermente ingrossato, base piatta. Decorazione a registri su tre ordini, con motivi geometrici, punti, riquadri metopali e baccelli riquadrati.

5. Akos miniaturistico o pomello in metallo. Corpo sferico con apofisi sulla massima espansione.

6. Ansa. Attacco superiore configurato a protome d’ariete, attacco inferiore con palmetta, corpo ad esse, sfaccettato. Bronzo fuso.

7. Bronzetto. Figura maschile nuda, con braccio destro sollevato a reggere qualcosa e gamba sinistra avanzata. Scheggiatura alle braccia, privo di un piede.

8. Bronzetto. Figura maschile nuda raffigurante Eraclea, con clava inserita nella mano sestra e leontè sul braccio sinistro.

9. Bronzetto. Figura maschile nuda, con braccio destro sollevato a tenere una lancia, tenia sui capelli.

10. Fibula. Arco serpeggiante con globetti piriformi me linee incise, lunga staffa con globetto piriforme terminale. Bronzo fuso e laminato.

Più altri 11 reperti in corso di valutazione autenticità.


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